Venerabile Mons. Luigi Novarese - Scritti editi:
L’Ancora: n. 3/4 - marzo/aprile 1975 - pag. n. 7-12
PASTORALE DEL DOLORE
La Pastorale è la continuazione dell’opera di evangelizzazione e di
santificazione iniziata da Nostro Signore Gesù Cristo, resa efficiente con la
Sua passione e morte e lasciata poi alla Chiesa nel suo svolgimento sotto la
guida dei legittimi Pastori. Da qui scorgiamo già tutti i presupposti per dire
anche quale sia “ la Pastorale del dolore “, la sua importanza e necessità
odierna per la Chiesa e per i popoli.
La Pastorale dei dolore è l’azione della Chiesa mediante la quale la sofferenza
- viene presentata nell’idea e nella metodologia di Cristo;
- viene santificata attraverso i Sacramenti;
- e viene posta a servizio della vita e della missione salvifica della Chiesa
stessa.
E’ quindi primo compito della Chiesa, Vescovi, sacerdoti e laici, dare senso “
all’enigma sommo della morte “ ed “ al mistero del dolore non reso totalmente
chiaro nemmeno dal piano della redenzione “, alla luce della rivelazione.
L’operatore della Pastorale del dolore, per l’efficacia della propria azione che
deve svolgere, ha bisogno più che mai di approfondire il disegno di Dio
realizzato dal Verbo Eterno umanato, il Quale, avendo voluto salvare l’umanità
attraverso la Croce non limitò la Sua azione a mutare la pena in mezzo di
conquista, ma volle inoltre con finissima psicologia indicarci il modo con cui
dobbiamo affrontare tale scottante problema. Ci invitò a “ sentire con Lui”,
inserendoci nel Suo Corpo Mistico, donandoci così la gioia di soffrire e morire
con Lui nelle stesse finalità redentive da Lui stabilite. La delicatezza dei
problema che stiamo per trattare esige a monte tre considerazioni:
1) la coscienza di essere Chiesa e di dover edificare la Chiesa. Dice Paolo VI:
“ In tutti sia chiara la coscienza, in tutti generoso l’impegno di edificare la
Chiesa, con unità di intenti, con fedeltà di fatica, con organicità di disegno,
con dedizione di cuore e di opera, nell’ineffabile e quasi sperimentata certezza
di essere in così grande, in così moderna, in così santa impresa, collaboratori
umili e necessari, strumenti attivi e meritori di Cristo, di Cristo Stesso,
dell’Unico Costruttore indefettibile e sempre presente “ (Paolo VI, 11 Sett.
1968).
2) La consapevolezza vissuta che ogni apostolato perché sia valido deve essere
inserito nella struttura gerarchica della Chiesa.
3) La convinzione che tutta la Pastorale organica della comunità ecclesiale
postula la messa a punto della Pastorale dei dolore, non soltanto per la
santificazione dei singolo ma per il sostegno che tutta l’attività ecclesiale
deve ricevere dalla completezza della passione dei Cristo che è costituita dalle
sofferenze dei Cristo storico più quelle del Corpo Mistico. Il Calvario totale
infatti è costituito dalle sofferenze dell’Uomo-Dio e di quelle di tutta
l’umanità.
Fine della Pastorale dei dolore
La Pastorale del dolore mira:
1) Ad illuminare e sostenere con l’opera di evangelizzazione e di santificazione
quanti sono toccati dalla prova affinché, nella fede,
a) riconoscano ed accettino il dolore quale pena dovuta al peccato:
b) santifichino la sofferenza con i mezzi propri di santificazione e la vivano
in unione a Cristo, di cui ogni sofferente è gloriosa “ trasparenza “ (cfr.
Messaggio Concilio agli Ammalati);
c) scoprano nello stato di sofferenza una vera e propria chiamata alla
santificazione ed all’apostolato che, dalla semplice accettazione dei dolore, va
alla sua serena e gioiosa offerta con Cristo Redentore per la salvezza dei mondo
fino all’impegno concreto dell’apostolato dell’ammalato perché animi lui stesso
cristianamente il mondo della sofferenza.
2) Ad illuminare e responsabilizzare coloro che hanno contatti con il sofferente
per vincoli di famiglia, di professione o di carità.
3) Ad animare una catechesi che ponga in dovuta evidenza il precetto della
croce, che non si restringe soltanto al rinnegamento di se stessi, con la lotta
contro le proprie passioni, ma necessariamente tocca tutte le creature con le
prove della vita e culmina poi, in modo uguale per tutti, nella morte che va
accettata ed offerta quale sommo dolore e sacrificio di se stessi in comunione
con il mistero pasquale di Cristo.
4) a sostenere le Istituzioni caritative della Chiesa: Ordini - Congregazioni -
Associazioni religiose... affinché in piano continuamente vivo ed aggiornato
possano offrire a chi soffre quell’aiuto totale, assistenziale, umano e
spirituale, che egli dalla Comunità Ecclesiale con diritto attende.
5) Ad animare cristianamente la legislazione sanitaria e le Istituzioni che la
società civile promuove a favore dei sofferenti affinché non soltanto non
abbiano ad intralciare le finalità soprannaturali di chi soffre, ma siano
ispirate al sostegno totale dell’uomo redento da Cristo.
Dall’esame del fine della Pastorale dei dolore è chiara la direttiva che viene
dal Vaticano II che distingue nella “ cura “ degli ammalati che raccomanda ai
sacerdoti i sofferenti in genere, dai moribondi: le visite all’ammalato che
hanno lo scopo di confortarlo ed illuminarlo nella scoperta della sua
insostituibile posizione attiva nella vita della Chiesa perché valorizzi la sua
ora dolorosa che vive, dall’opera sacramentaria che viene svolta a chiusura
dell’esistenza (cfr. Minis. e vita sac. n. 6).
La Pastorale del dolore è necessaria
Per comprendere meglio il piano e la necessità di una Pastorale della
Sofferenza a sostegno della Chiesa universale, locale, occorre considerare:
1) la Pastorale del dolore nasce dalla meditazione dell’amore di Dio, Uno e
Trino, in cui contempliamo
- l’amore del Padre che vuole ricongiungere a sé l’uomo creato a sua immagine e
somiglianza;
- l’amore del Figlio che si offre assumendo quanto di peggior,e è rimasto nel
genere umano dopo il peccato: l’umiliazione e la sofferenza;
- l’amore dello Spirito Santo che realizza la volontà del Padre e l’offerta dei
Figlio, unendo in Cristo, quale frutto della Redenzione, le creature che hanno
accolto il Divino Messaggio della Sua passione. Il medesimo Spirito che abita in
ogni battezzato, lo spinge in piano di grazia ad unire il proprio dolore a
quello dei Divin Mediatore per realizzare quel dovuto sacrificio che l’umanità
da sola mai avrebbe più potuto offrire.
2) E’ il massimo bene per la Chiesa.
A nessuno sfugge l’enorme capitale di grazia riparatrice che potrebbe essere
posto a disposizione della Chiesa qualora si riuscisse per ipotesi ad offrire a
Dio tutti i capitali della sofferenza, da cui risulterebbe completo il
sacrificio del Cristo totale che si offre, Lui assieme a tutti i membri
doloranti del Suo Corpo Mistico, al Padre a beneficio della Chiesa universale e
locale.
Abbiamo un Pontefice presso il Padre, che, mentre con le Sue cinque piaghe
sempre aperte intercede per ciascuno di noi, continuamente ci offre nel Suo
amore infinito e nel rispetto immenso della libertà e della dignità dell’uomo,
la possibilità di liberamente associarsi al Suo Divin Sacrificio affinché ognuno
di noi possa unire al sacrificio della Nuova Alleanza il proprio sacrificio in
spirito di riparazione, propiziazione, adorazione e ringraziamento.
Nella Pastorale organica della Chiesa locale non può quindi e non deve mancare
quella Pastorale diretta a valorizzare tanti possibili tesori di grazia, da cui
tutta la vita della Chiesa trae sostegno.
Paolo VI, il 26 maggio 1968 diceva a questo proposito ai “ Volontari della
Sofferenza “ riuniti in San Pietro:
“ Cari nostri figli, a cui il dolore conferisce la dignità che vi merita la
preferenza della nostra carità... Cari tesori della Chiesa, che voi beneficate
con il Vostro esempio di pazienza e di pietà, che voi consolate con il dono
delle Vostre sofferenze, che voi edificate con la Vostra unione a Cristo
Crocifisso “.
L’affermazione riassume l’insegnamento paolino secondo cui la gloria dell’uomo
consiste nel poter partecipare alla Croce di Cristo, “ Christo confixas sum
cruci “ (Gal. 2,19), “ cum enim infirmor tunc potens sum “ (2 Cor. 12,10), le
membra più deboli del Corpo Mistico sono circondate e ricoperte con maggior
cura.
Il Vaticano II nel Decreto sull’attività missionaria della Chiesa (n. 38) dà
questa direttiva: “ E’ compito del Vescovo suscitare nel suo popolo,
specialmente in mezzo agli ammalati e sofferenti, delle anime che, con cuore
generoso, sanno offrire a Dio le foro preghiere e penitenze, per
l’evangelizzazione del mondo “.
La Chiesa locale e universale che sfrutti tali capitali di grazia, mediante la
partecipazione di tutta la Chiesa sofferente al piano della salvezza, pone sulla
bilancia della giustizia di Dio ed accanto a tanto male che vediamo circolare
nei nostri giorni, frutti di più abbondante riparazione poiché la Croce sperduta
dei singolo, piantata nell’angolo più remoto della terra, acquista la luminosa
forza travolgente della Croce del Divino Crocifisso.
3) La Pastorale del dolore è il miglior antidoto alle crisi dei nostro tempo.
Se con difficoltà si vedono dei segni di ripresa, bisogna affermare che tra le
crisi che hanno caratterizzato i nostri tempi - quali la discussione sulla
legittima autorità con la conseguente disobbedienza, la mancanza di fede
nell’Eucarestia, la mancanza dei Culto dovuto alla Madre della Chiesa - si ponga
anche la grande crisi dei precetto della Croce la cui importanza insostituibile
è stata assopita da una marea di materialismo e sensualità che vorrebbero
travolgere l’intera vita cristiana.
Riscoprire il valore della Croce, l’amore con cui l’uomo può presentarsi a Dio
ed offrire in unione al sacrificio dei Suo Divin Figlio, il proprio personale
sacrificio, mediante l’attuazione della Divina Volontà e la santifIcazione con
Cristo dei proprio dolore, vuoi dire riscoprire e rimettere in luce tutti gli
altri valori fondamentali ed indefettibili che la Chiesa ancora oggi presenta e
sostiene.
Tali valori sono:
- Il valore di una salutare penitenza espiatrice verso la quale i Vescovi
richiamano tutti i fedeli ad una consapevole ripresa: basti ricordare a questo
proposito la “ Poenitentiam agite “ di Papa Giovanni e la “ Poenitemini “ di
Paolo VI.
- L’Eucarestia, in cui si associano al Sacrificio di Cristo tutte le umane
sofferenze; dice la “ Lumen Gentium “ (n. 34): “ Tutte le loro opere, le
preghiere e le iniziative apostoliche... il lavoro giornaliero e persino le
molestie della vita se sono sopportate con pazienza, diventano spirituali
sacrifici graditi a Dio per Gesù Cristo i quali nella celebrazione
dell’Eucarestia sono piissimamente offerti al Padre insieme all’oblazione del
Corpo di Cristo “.
- La presenza insostituibile di grazia della Madre della Chiesa che, per divina
volontà, resta accanto alla Croce dei Calvario totale fino alla fine dei secoli,
sollecita, nella sua funzione materna, a intercedere continuamente misericordia
per il genere umano (confr. Cap. VIII della Lumen Gentium e le Esortazioni
Apostoliche Signum Magnum e Marialis Cultus).
Naturalmente, assieme alla valorizzazione dei dolore umano si deve esercitare
sulla società un pressante richiamo al valore ed alla dignità della persona oggi
così conculcata.
Ecco allora l’importanza di riscoprire la metodologia dei Cristo nel presentare
il problema dei dolore e l’impegno di osservarne le direttive da Lui date per
una efficiente Pastorale della sofferenza.
Sac. Luigi Novarese (continua)
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