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Venerabile Mons. Luigi Novarese - Scritti editi:
L’Ancora: n. 9 - settembre 1971 - circolare

Lettera circolare a tutti gli iscritti
al Centro « Volontari della Sofferenza »
ed ai « Fratelli degli Ammalati »

APOSTOLATO CENTRO VOLONTARI DELLA SOFFERENZA

· Com’è l’apostolato oggi nella vita del Centro.
· Come si vorrebbe la vita del nostro Centro.
· Spirito di preghiera
· Spirito di penitenza
· Spirito di unità di metodo per raggiungere un obiettivo comune.
· Spirito di disciplina nell’attuazione delle linee programmatiche
· Spirito di iniziativa nell’azione di fermento che deve scaturire dalle Commissioni.
· Spirito di fraterna carità che deve legare gli iscritti tra loro.
· Spirito di sostegno in tutto il lavoro del Centro: chi ha deve dare a sostegno di chi non ha.

Carissimi,
mentre si conclude oggi — 17 maggio — il XXIV anno da apostolato tra i « Volontari della Sofferenza “ e si apre il XXV, dopo avere con la comunità ringraziato il Signore e la Vergine Santa per gli innumerevoli benefici elargiti a noi ed all’Associazione vengo a Voi, cari Volontari della Sofferenza e cari Fratelli degli Ammalati, per ringraziare ancora con ciascuno di voi il Signore e la Vergine Santa per quanto hanno operato nella nostra Associazione. Ripensando a tutti questi anni, quanti ci vengono dinanzi! i fatti, quanti volti
Fatti che hanno segnato attraverso un cammino molto spesso doloroso e talvolta incerto la volontà di Dio che mai ha mancato di brillare dinanzi a noi in tutte le diverse circostanze.
Volti di iscritti che sono stati e sono ancora, anche dal Cielo, sostegno e gloria del nostro Centro; volti di persone care che stanno, ora, per essere avviate agli onori degli altari.
Tra tante sofferenze e, talvolta anche amarezze, non sono mancate le gioie profonde, quali, la parola dei Papi, che con paterna accondiscendenza hanno reso sicuro, momento per momento, il nostro cammino; l’approvazione degli Statuti da parte della Santa Sede: quello relativo all’apostolato e quello che regola la vita comunitaria dei Silenziosi Operai della Croce; gli incontri a Lourdes con i cari sacerdoti ammalati; il primo Congresso Internazionale delle Istituzioni che si interessano degli ammalati a Fatima: le Case sorte con i Vostri sacrifici e la volontà dei buoni per allargare e potenziare sempre di più l’apostolato; la Vostra fiducia nel voler seguire per una via che suona sacrificio e rinuncia, il programma dell’Immacolata presentato a Lourdes ed a Fatima in un periodo storico saturo di edonismo.
A venticinque anni di attività tra i Volontari della Sofferenza facciamo la posizione del nostro Centro per trarre spinta per mete sempre più ampie e più aderenti all’obiettivo del sofferente inserito nella famiglia, nella Chiesa e nella società.

COME E’ L’APOSTOLATO OGGI NELLA VITA DEL CENTRO

Non c’è alcun dubbio che l’apostolato sia stato una valida risposta alle richieste dell’Immacolata ed un valido aiuto ai sofferenti a scoprire e vivere la propria responsabile posizione nei settori della famiglia, della Chiesa e della società.
Basti considerare l’entusiasmo delle case aperte, il lavoro apostolico, il numero sempre crescente degli ammalati che aderiscono al Centro, la strutturazione sempre più aderente al momento che viviamo e alle linee programmatiche, la partecipazione sempre più attiva degli ammalati e dei sani per lo studio e la programmazione del lavoro, per comprendere che siamo di fronte ad una formula viva.
La dignità dell’uomo in tutti i momenti della sua vita, il dovere che il cristiano ha di assimilarsi e conformarsi a Cristo Redentore, portando con Lui, accanto a Maria SS.ma nostra Madre spirituale, la propria croce a beneficio dell’intera società, sono i principi base da cui parte e si sviluppa tutto il nostro lavoro apostolico.
Da questi principi, attuati in piano di libera e attenta iniziativa, sono nati i settori dei giovani, degli adolescenti e dei bambini.
In numerose diocesi oggi la vita del Centro canonicamente approvata, si sviluppa e segna sempre nuove tappe di lavoro proprio nella direttiva di questi settori.
Le Commissioni per ora stabilite — quelle dei giovani, dei Fratelli degli ammalati, dei bambini e quella sociale —sono un’apertura verso la base del Centro, che sono gli ammalati, i quali devono portare al vertice dell’Associazione le proprie esperienze ed i propri desideri per un aggiornato avanzamento del programma.
Le Commissioni non sono ancora tutte strutturate altre attendono di prendere vita.
Lo stesso Centro Studi che ha segnato il via in un settore necessario e basilare per la vita del Centro, deve ormai prendere la propria fisionomia, camminando con una partecipazione più allargata, per poter seguire nel modo più aperto i problemi dell’Associazione
La partecipazione ai Consigli Pastorali, parrocchiali e diocesani dei nostri incaricati dice che l’ammalato, dopo anni di presa di coscienza sempre più approfondita sulla propria missione, sta smentendo la convinzione generale, radicata in tante mentalità, che egli sia soltanto oggetto di carità, persona da compatire, aiutare, ma non da inserire quale parte attiva e viva nella dinamica ecclesiale che oggi scuote ed invita tutti ad una presa di posizione sempre più cosciente e responsabile.
Sono stati determinanti a questo riguardo il vastissimo insegnamento che dal 1949 ha dato la Chiesa docente: i numerosi Discorsi dei Papi; le direttive della Gerarchia; il Concilio; tutta la testimonianza, meravigliosa e commovente, di Paolo VI.
Le stesse Case che si stanno aprendo e che dovrebbero ancora aprirsi nelle pressanti richieste di Centri diocesani dicono la validità dell’apostolato ed il pericolo a cui andiamo incontro se non siamo pronti e preparati ad intervenire e sufficientemente aperti per comprendere tutte le esigenze (spirituali e sociali) del sofferente.
La posizione dell’apostolato nelle varie diocesi è vitale soprattutto in proporzione della dedizione dei responsabili. Oggi tale posizione è grandemente migliorata: certe zone stanno risvegliandosi e prendono finalmente per intero le impostazioni del Centro; in altre è cessato il pericolo del condizionamento paternalistico in cui gli iscritti si trovavano di fronte a responsabili che si sostituivano alle strutture della viva partecipazione degli ammalati alla vita e allo sviluppo dell’apostolato.
Il Centro, nella sua disposizione di lavoro, direzione, punto di convergenza di apostolato, sta prendendo la posizione che giustamente deve avere, quella di servizio nelle varie Chiese locali nell’unità programmatica, stabilita dalla partecipazione di tutti, in una pastorale d’insieme, nell’intento finalistico di rispondere con chiarezza ed impegno di spirituale apporto alle precise richieste dell’Immacolata, che sono: preghiera e penitenza
— per riparare i tanti peccati che offendono il Cuore di Gesù ed il Cuore di Maria;
— per ottenere la conversione dei peccatori;
— per sostenere l’azione apostolica del Papa, della Gerarchia e dei sacerdoti.
Tali punti indicati dalla Madre della Chiesa sono i cardini operativi del nostro lavoro; essi costituiscono lo scopo di tutto il movimento.
Tali punti sono luce e spinta a programmi sempre più impegnativi in proporzione della maturazione nella fede e nella carità ed in proporzione del confronto che va continuamente fatto tra la vita di oggi e le richieste dell’Immacolata.

COME SI VORREBBE LA VITA DEL NOSTRO CENTRO

Poter considerare ventiquattro anni di cammino ed iniziare una seconda tappa di lavoro è realmente una grande grazia e nello stesso tempo una grande responsabilità.
Ventiquattro anno di dinamica apostolica non hanno la lentezza degli anni dei tempi addietro: corrispondono per lo meno ad un secolo di attività.
Nelle programmazioni odierne necessariamente entrano componenti da cui non si può e non si deve prescindere:
1) Il tempo in cui viviamo: scoperte meravigliose della tecnica che si impongono per la loro profonda ed adeguata risposta alle esigenze dell’uomo, sano o ammalato che sia.
2) Strutture che oggettivamente devono aggiornarsi. Oggi ci vuole la realtà dei programmi, presentati e vissuti nella loro sana validità di risposta agli obiettivi che si propongono.
3) I giovani che vedono l’insuccesso di ciò che non è valido, e disperatamente e con l’impetuosità frettolosa degli animi giovanili vorrebbero abbattere tutto, in una contestazione generale, dimentiche che i principi della dignità dell’uomo, considerato nel rispetto delle sue scelte di spirito e di lavoro, restano immutabili.
4) La necessità di confrontare la vita con l’insegnamento del cristo, che oggi più di ieri affascina le menti e fa sentire il valore o la vacuità di quanto non è radicato nella sua parola, che è luce e vita dell’umanità.
5) La necessità di far partecipare alle responsabilità dell’Associazione la base dell’Associazione stessa, i malati ed i Fratelli degli ammalati, e quali, abituandosi a considerare l’apostolato nelle sue pratiche difficoltà, abbandonano i preconcetti, diventando anime generose che sanno vedere le vere necessità degli altri, protendendosi verso i fratelli in intima consapevolezza che l’uomo, e soprattutto il cristiano non è un a solo, egocentrico, con visuale propria ed avida, al di fuori del complesso della realtà cristiana, il Corpo Mistico..
6) La vacuità della vita che tantissime persone vivono in un quiescente materialismo pratico che non soddisfa e quotidianamente attesta le sue terribili conseguenze sociali e cristiane.
7) La necessità che tutti avvertono di aggrapparsi a qualcosa che resti, che educhi, che schiuda orizzonti, poiché la civiltà odierna, considerata nella sua massa generale, ha fatto, in piano morale, un passo indietro. In momenti di improvviso sviluppo di civiltà e di economia, in momenti di catastrofi politiche e sociali l’uomo, vivendo la propria fede più per tradizione che per consapevole adesione, si è trovato sprovvisto di fronte al pullulare di tanti errori.
Oggi molti, pur battezzati, vivono come se Dio non esistesse, come se il Cristo non avesse attuato la Redenzione, come la Chiesa non avesse nulla di veramente valido da dire.
Contro lati preconcetti e tenendo conto delle esigenze odierne, il Centro nell’inizio del suo XXV di apostolato deve riproporre le sue linee dimostrandone la necessità e l’urgenza di applicazione in tutte le classi sociali, ed a tutti i livelli.

Ecco adunque le linee che nell’inizio di questo XXV.mo vi ripresento con piena consapevolezza della loro imprescindibile vitalità e forza costruttiva:

1) SPIRITO DI PREGHIERA
Si prega poco e affrettatamente.
Il metro della febbre dell’azione entra anche nei rapporti con Dio, con la diversità di base che, mentre di tanti rapporti umani ne possiamo fare a meno, del rapporto continuo con Dio, invece, no. Senza l’aiuto di Nostro Signore Gesù Cristo nulla possiamo fare e se lo Spirito Santo, che abita in noi, non ci sostiene, nemmeno il nome di Gesù siamo capaci di pronunciare senza distrazione.
In questo mondo agitato dalla sessualità, dall’interesse e dall’egocentrismo, la Madonna, Madre amorosa e consapevole delle vere necessità che ci riguardano, si affaccia e rivolge il grande invito alla preghiera, al tempo per la preghiera, alla preghiera ben fatta.
Ascoltando il richiamo della Vergine Santa e liberamente ponendoci per di più al suo servizio, occorre per debito di filiale coerenza e sincerità accettare il Suo Messaggio prima personalmente, facendosi veri testimoni del Suo invito e ripetendolo poi con amore ed insistenza in tutta la propria gamma sociale.
E’ questa la vera maniera di servire Maria Ss.ma per l’attuazione del Suo programma.
Il solo invito rivolto agli altri, senza la personale testimonianza, non darebbe alcun frutto. Questo principio se valeva nei tempi addietro, oggi è di capitale importanza; è il punto di partenza di ogni apostolato.
Occorre, quindi, comprendere la forza costruttrice, la necessità della preghiera, il tempo che occorre dare alla preghiera, il modo ed il luogo della preghiera.
La Madonna con il Suo intervento a Lourdes ed a Fatima vuole far entrare nella mente degli uomini del XX.mo secolo che è necessario dare parecchio tempo alla preghiera personale e collettiva, allacciandosi con la preghiera il colloquio tra la creatura e Dio.
La Vergine Santa sottolinea questo tempo che si deve dare alla preghiera ed alla preghiera ben fatta mediante la recita della corona con la sua piccola confidente, Bernardetta Soubirous.
Abitualmente non si pensa nemmeno che occorre dare il tempo alla preghiera. Tanti cristiani credono di avere risolto i loro rapporti con Dio con qualche segno di croce e qualche « Ave Maria » frettolosamente recitata al mattino ed alla sera. Non di questa preghiera intendeva parlare Maria Ss.ma a Lourdes ed a Fatima, bensì di quella che parte da un cuore consapevole del rapporti che lo legano con Dio e con la società.
Nella mente dell’Immacolata la preghiera è l’azione più sociale che può compiere la creatura, direttamente trattando in quei momenti degli interessi di tutta l’umanità con Dio, datore di ogni bene.
Per questo la Madonna ha detto: « pregate per i peccatori »; “ molte, molte sono le anime che vanno all’inferno perché non c’è chi preghi e chi si sacrifichi per esse “.
Molti pretendono di poter passare, come si volta la pagina di un libro, dal vortice dell’azione e dal miasmo di tanta mondanità iniettati dai mezzi di comunicazione, alla tranquilla preghiera. E non potendo fare ciò, senza neppure analizzare le cause ditale difficoltà perché costa fatica, lanciano giudizi sulla impossibilità di pregare, sulla necessità di trovare nuovi metodi per strutturare nuove forme di preghiera più adatte - dicono essi - e più consone ai tempi che corrono.
Quanto attuale è invece ancor oggi il monito di Sua Santità Paolo VI, rivolto nell’Udienza dell’11 dicembre 1963 a chiusura della II Sessione del Concilio Ecumenico:
« Primo dovere, prima riforma, primo annuncio al mondo: bisogna pregare bene!
« Pregate, pregate bene, pregate con la Chiesa, pregate col suo sacerdozio che nella santa liturgia ha il potere di rappresentare Cristo in mezzo al popolo fedele, anzi di renderlo misteriosamente presente ed operante ».
Ed ancora nell’Allocuzione al Concistoro del 28 aprile 1969:
«La Chiesa vive e respira di preghiera; essa sa che quando due o tre sono congregati nel Nome di Cristo, Egli è presente in mezzo a loro (cfr. Matth. 18, 20): essa sa che lo Spirito accende ed infiamma la sua preghiera perché viene in soccorso alla sua debolezza, poiché noi non sappiamo né che cosa si deve chiedere nella preghiera né come convenga chiederlo; ma lo Spirito in persona intercede per noi con gemiti ineffabili “ (Rom. 8, 26); la Chiesa sa che solo nella preghiera trova la forza interiore, la pace costruttrice, la fusione dei cuori nella carità, perché fin dal principio è stato perseverante nella preghiera unanime con Maria Madre di Gesù (cfr. Act. 1, 14); la Chiesa sa che la preghiera è il vincolo che cementa in arcana comunione di vita e di meriti la triplice, ordinata, innumerevole schiera dei suoi membri glorificati, pellegrinanti o espianti; la Chiesa sa che la preghiera è la scuola dei santi, è la vocazione dei suoi sacerdoti che come Pietro e gli apostoli debbono attendere in primo luogo alla preghiera ed al ministero della Parola (crf. Ib. 6, 4), è l’ufficio precipuo delle anime consacrate, è la compagine della famiglia, è il vigore degli innocenti, la grazia e la forza della gioventù, la speranza delle età cadente, in conforto dei morituri “.
Che cosa intendo riproporvi su questo punto, cari fratelli iscritti, all’inizio di questa grande seconda tappa di apostolato?
Rispondo con le parole di S. Paolo:
“ Prima di tutto raccomando che si facciano suppliche, preghiere, assemblee propiziatrici, azioni di grazie per tutti gli uomini “ (I Tim., II, 1)
L’attività della preghiera personale e comunitaria è stata presa di mira fin dai primi anni del nostro apostolato. Abbiamo sempre insistito sul tempo da dare alla preghiera personale ed alle ore di adorazione parrocchiali, interparrocchiali e diocesane.
Ora si tratta di rendere più comprensiva, viva e prolungata la preghiera. Si tratta di darsi da fare per comprendere la vera ed insostituibile necessità ecclesiale
della preghiera,
della preghiera collettiva.
Occorre acquisire, attraverso un lento e progressivo lavorio, lo spirito di preghiera che adora, ringrazia, ripara ed intercede.
Ma non vedete l’anemia in cui il mondo è caduto?
Si prega poco, molto poco. Parecchi non pregano più perché non si crede nella realtà dei rapporti soprannaturali, nella forza imperatrice della preghiera.
Tale spirito di preghiera non lo si può acquisire se non si agisce secondo lo spirito di Dio, se non si fa uno sforzo su se stessi, se non ci si abitua a fare il silenzio interiore, a vivere in questo mondo come pellegrini che passano, che non si attaccano alle cose sensibili.
Vorrei che gli ascritti fossero anime che si danno alla preghiera con la consapevolezza con cui l’operaio si dà al lavoro.
Proponiamoci di dare almeno da 15 minuti a mezz’ora al giorno alla preghiera personale, che deve essere prima di tutto meditazione. Proponiamoci di recitare tutti e tutti i giorni la corona.
Nella meditazione noi vediamo quel che siamo nel confronto dei modelli nostri Gesù e Maria: nella preghiera poi e con la recita della Corono, domandiamo tutto ciò che ci necessita.
E qui gli orizzonti si allargano nella imitazione, nella impetrazione, nel sentirsi realmente partecipi del sacerdozio regale di Cristo, nella preghiera per sé e nella preghiera di rappresentanza, quali membra del Corpo Mistico di Cristo.
Quanto è bello e fruttuoso considerare:
- Gesù che passa le notti in preghiera prima di compiere determinate decisioni;
- Gesù che prega per tutti nell’ultima cena;
- Gesù che prega prima di operare gli stessi miracoli;
- Maria Santissima che presenta al nostro secolo la necessità della preghiera additandola con chiarezza per far comprendere il dovere di dare a tutti questa collaborazione.
La preghiera è una vera e personale attività, insostituibile; è il riconoscere che da soli nella possiamo; è allacciare il dialogo con Dio; è penetrare nel Cielo e parlare dinanzi alla corte celeste con Dio Padre, Dio Figlio, Dio Spirito Santo; è riconoscere in una parola che siamo creature elevate alla dignità di figli di Dio, che trattano col Padre gli interessi dell’intera famiglia umana.
Il non pregare significa:
- sentire la propria autosufficienza;
- credere nei propri progetti.
Questo è materialismo pratico e naturalismo; agire così non è da cristiani, non agire secondo lo spirito evangelico; è insincerità di fronte a Dio ed alla Chiesa a cui apparteniamo.
In questo XXV.mo di apostolato dobbiamo richiamare e rendere vivo il senso della necessità della preghiera, dobbiamo preparare bene le nostre celebrazioni comunitarie con una appropriata scelta di testi scritturistici, con una preghiera litanica sobria, incisiva, densa di concetto; dobbiamo abituare le anime a pregare da sole, con parentesi di silenzio in cui si parla e si ascolta lo Spirito di Dio, che abita in noi; dobbiamo scegliere intenzioni che toccano realmente la vita della Chiesa, delle anime del nostro Centro; è necessario che fiorisca il proposito di continuare da soli, anche dopo la preghiera comunitaria, la preghiera personale che rappresenta ed è una propria attività.
Quanto vorrei che guardando la Vergine Immacolata che, quale Madre della Chiesa, appare con le mani giunte e la corona al braccio, ogni iscritto imparasse a pregare e giungesse al gusto della preghiera!
Sceglietevi un metodo di preghiera. I Silenziosi Operai della Croce lo hanno e lo seguono: è quello del Magnificat. Provatevi anche Voi a seguire la linea di preghiera additata dall‘Immacolata. Chi lo desidera scriva al nostro Centro e lo richieda.
Seguendo fedelmente e con tenacia tale linea arriverete a scoprire e a gustare la bellezza della preghiera.

2) SPIRITO DI PENITENZA
Spirito di penitenza vissuto quale mezzo vivo di ritorno a Dio, di riparazione, presentato dal Cristo e insistentemente richiamato dalla Madre della Chiesa.
Il concetto della penitenza comporta pentimento del male commesso, rinnovamento interiore in conformità al modello nostro Gesù Cristo, atti penitenziali, in cui anima e corpo siano uniti nella riparazione come lo furono nel commettere il peccato, atti penitenziali comunitari mediante i quali collettivamente si cerca di riparare il male commesso dalla società nell’intento di opporre con la forza riparatrice ed impetratrice della penitenza un argine al dilagare invadente del male.
Da questi principi, alla luce del richiamo della Madre della Chiesa rivolto a Lourdes ed a Fatima, noi vogliamo trovare nuova forza e nuova spinta a scoprire atti penitenziali con cui riparare ed impetrare per l’umanità.
Chi dà la propria adesione al Centro tra i “Volontari della Sofferenza” o tra i “Fratelli degli ammalati” deve comprendere che dà una consapevole risposta alla Madre della Chiesa, che tanto accoratamente ha richiamato i fedeli a sensi di penitenza e si impegna a positivamente compiere atti penitenziali, necessari per la sovrabbondanza dei peccati.
E’ proprio questo che la Vergine Santa ha richiesto a Lourdes ed a Fatima.
L’adesione al Centro, oltre l’impegno di preghiera unito al proposito di atti positivi penitenziali costantemente compiuti secondo le proprie possibilità, implica, quale conseguenza, il proposito di vita in grazia per essere spiritualmente attivi, operanti nel Corpo Mistico. L’adesione significa inoltre fare proprio il lamento dell’immacolata, pronunciato a Fatima: “Basta con i peccati che tanto offendono il Cuore di Gesù ed il mio Cuore Immacolato “.
Questo “ basta col peccato “ significa inizio di vita evangelica cosciente che rimprovera magari all’individuo il proprio passato, che impone visuali nuove, metodi personali di vita nuovi per essere creature sincere, vere trasparenze del Cristo che rappresentano nel luogo in cui vivono.
Impegno di grazia significa:
1) capire che la vita di Dio, che in ciascuno di noi è un principio di vita operativa, impone criteri opposti alla terra ed alla prudenza umana, essendo testimonianza della vita dello Spirito che alberga nelle anime nostre e che vuole convenientemente espandersi secondo gli insegnamenti di Nostro Signore Gesù Cristo.
2) romperla con i criteri del mondo significa essere, come l’Immacolata, irriducibili di fronte al dilagare del male ed alle sue manifestazioni varie che esternamente colano come da una botte in fermento di veleno; significa porsi un freno alla lingua, chiudere talvolta il televisore, sistematicamente non acquistare certa stampa le cui figure ci vergogneremmo di contemplare in pubblico, smettere con certi sentimentalismi di colore incerto e con promiscuità che hanno soltanto come frutto la disperazione e il peccato.
Il concetto della penitenza, che è morte a se stessi e sviluppo della vita di Dio in noi ed attorno a noi, deve portare inoltre alla vita della carità nella dinamica più logica e schiacciante che ci impone di amare come il Cristo ha amato e di sacrificarci per gli altri come il Cristo si è sacrificato.
Il concetto penitenziale ha nulla di mortificante ed avvilente, ma in sé racchiude la forza più nobilitante perché ci porta sempre più vicino alla perfezione del Padre, da cui col peccato ci siamo allontanati e ci inserisce sempre di più nella Chiesa, alla quale con le trasgressioni abbiamo inflitto una ferita.
Negli interventi della Madre della Chiesa che sottolinea una psicologia ascetica nelle dimensioni della carità meravigliosa del Cristo,scorgìamo proprio tutto l’insegnamento della Chiesa dato nel Concilio, nella « Penitentiam agite », nella « Poenitemini » e nel “ Signum Magnum “.
Non è e non può essere proposito di questa circolare richiamare tutti questi importantissimi documenti del nostro tempo che formano una chiara Opposizione al trionfo della carne, del pragmatismo degli stupefacenti, del materialismo pratico, del laicismo e del naturalismo.
Scopo nostro è di comprendere che a noi, figli di Dio e figli della Vergine Immacolata iscritti al nostro Centro, compete il dovere di capire e vivere la necessità vitale della penitenza per un vero e reale risollevamento sociale, traducendola in iniziative pratiche personali e collettive che aiutino il singolo e la comunità ecclesiale.
In questo anno del XXV.mo apostolato vi supplico, per l’amore che avete verso voi stessi, di esaminare e studiare i documenti della Chiesa sopracitati alla luce delle materne richieste della Madonna.
Comprenderete allora come la Madonna tanto sapientemente abbia chiaramente distinto la prima penitenza da Dio imposta a tutti dopo il peccato d’origine, lavoro e dolore, dalla penitenza volontaria, ugualmente necessaria per la società.
Vedrete come la Vergine Santa abbia chiaramente domandato la penitenza personale e comunitaria, indicando mezzi nuovi e mezzi tradizionali.
« Baciate la terra per i peccatori »
« Venite in processione ».
Quale sapienza psicologica in quell’umile bacio per terra che si oppone alla superbia dello spirito e della carne!
Quale forza di quelle processioni penitenziali che furono sempre la forza riparatrice e imperatrice della Chiesa. Vi basti considerare le numerose grazie concesse dal Cielo dopo tali atti di penitenza. La Storia della Chiesa ne è testimone e la pastorale dei Santi, con San Carlo in testa, ci dice che sono metodi insostituibili.
Che cosa vogliamo noi realizzare nel nostro Centro? Una consapevole risposta alla Madonna che ci spinga ad iniziative personali e collettive, pubbliche e private, atte a vivere il programma quanto mai urgente della penitenza per un vero risollevamento della vita cristiana.
Studiamo e meditiamo la penitenza nella vita di Gesù e nel Suo insegnamento e comprenderemo quale diversità esista tra noi e Lui. Tale diversità e la ripugnanza che proviamo per mutare il nostro modo di agire ci dicono la nostra scarsa decisione o la mancanza di un vero spirito di fede.
 Il nostro inserimento in Cristo ci obbliga a vivere il programma della redenzione come Lui l’ha presentato e come Lui vuole che sia da noi attuato e non come lo vorremmo magari noi secondo le nostre comodità, posizione sociale od esigenze di famiglia, dimentichi delle Beatitudini, che non sono un’utopia, ma realtà di conquista per godere e propagare la libertà dei figli di Dio. E nelle beatitudini non c’è soltanto “ beati coloro che piangono... “ ma anche “ beati i puri di cuore “, “ i misericordiosi “, “ i poveri di spirito “, “ gli affamati, ecc. che indicano la sequela delle innumerevoli persone che hanno capito che lo scopo della loro vita non è vivere comodamente, sforzandosi di ammucchiare ricchezze.
lì distacco del cuore da tutto ciò che è superbia, illecito godimento dei sensi, attaccamento alle cose della terra, è regola base della vita cristiana e costituisce la prima penitenza che noi dobbiamo attuare.
La Vergine Immacolata faccia delle anime nostre, anime di penitenza, come la Bernardetta, i piccoli fanciulli di Fatima, buoni e semplici come le pecorelle che pascolavano, a cui non temevano di dare anche parte della loro merenda per sacrificarsi per i peccatori.

3) SPIRITO Dl UNITA’ DI METODO PER RAGGIUNGERE UN OBIETTIVO COMUNE
Questo punto, fratelli carissimi, ve lo scrivo da Lourdes, (16 luglio) desiderando, sotto lo sguardo dell’Immacolata, richiamare le note fondamentali che costituiscono l’essenza del programma mariano e la caratteristica della nostra Associazione.
Si nota purtroppo, tra parecchi aderenti, che non si vogliono responsabilità d’azione, o non si vuole dare la propria aperta e chiara adesione che significa condivisione di programma e relativo impegno di azione.
Inserendosi nella vita del Centro senza dare un’aperta e completa adesione si finisce con dare un apporto parziale e sovente non secondo le linee statutarie del nostro apostolato.
Inserirsi nel Centro poi col desiderio di trovare, in ambiente adatto, ammalati o sani da poter accostare per realizzare esperienze personali al di fuori e all’insaputa della direzione diocesana, regionale e nazionale, è cosa che ripugna e che sa di insincerità e di disonestà.
Chi opera nel Centro deve agire nelle linee del Centro, assumendosi la Direzione la responsabilità di quanti in esso operano.
Si vuole magari attuare per un certo spirito devozionale quanto la Vergine Santa ha richiesto a Lourdes ed a Fatima, ma non si prendono di mira, quale obiettivo comune di meditazione e realizzazione, i punti essenziali richiamati dalla Madre della Chiesa.
Tali punti son ben più profondi di quanto superficialmente possa sembrare.
Essi sono:
— richiamo alla conoscenza di Cristo e Cristo crocifisso; il che comporta conoscenza di tutto il piano redentivo nelle sue linee strutturali e nelle sue conseguenze;
— richiamo alla vita del Corpo Mistico;
— preghiera che alimenta;
— vita sacramentaria che consacra e dona la vita della grazia;
— interessamento per gli altri affinché tutti siano una cosa sola in Cristo, completando nella propria carne la passione di Cristo affinché anche i membri rattrappiti riacquistino vigore e l’intero Corpo abbia quell’abbondanza di vita che costituisce la sua vera ragion d’essere e il suo splendore anche in terra;
— richiamo dei fini escatologici fatto tanto a Lourdes quanto a Fatima, apertamente opponendosi e denunciando gli errori moderni;
— ammonimenti alle diverse categorie di sofferenti che in pieno ripetono l’insegnamento del suo Divin Figlio dato durante la Sua vita terrena;
— richiamo al Rosario quale metodo di preghiera sommamente gradito al Cielo e mezzo pastorale di prim’ordine per essere indotti ad imitare la vita di Nostro Signore Gesù Cristo e della Vergine Santa.
Se non si fa infatti questo raffronto tra noi ed il Cristo come possiamo vedere la differenza che intercorre tra la nostra e la Sua vita?
— apostolato di categoria svolto dall’ammalato per mezzo dell’ammalato in unione e corresponsabilità con i Fratelli degli ammalati;
— apostolato di settori direttamente guidati dal Centro Nazionale in unione e corresponsabilità con le rispettive Commissioni;
— metodologia propria del Centro sul modo di accostare e guidare gli iscritti;
— studio dei problemi relativi alla categoria degli iscritti attraverso i settori di studio creati e guidati dal Centro Nazionale;
— promozione sociale dei Volontari della Sofferenza attraverso il lavoro della Commissione Sociale, delle Case di Addestramento Professionale e delle Case di lavoro, creando inoltre nelle diocesi più grandi dei Centri di sostegno per i nostri iscritti, desiderosi di inserirsi nella società.
Soltanto chi vuole vivere questi principi nelle linee che il Centro propone deve dare la propria adesione.
E’ necessario poter far assegnamento su persone che condividono il programma con il suo metodo di attuazione per poterlo estendere ovunque a beneficio degli ammalati e dell’umanità.
Parecchi invece desiderano lavorare nel Centro, ricusando però di dare la propria adesione per non sentirsi legati dinanzi agli ammalati, alla Chiesa ed alla Vergine Santa.
Il relativismo ha fatto anche presa in parecchi iscritti, i quali presi da una personale tendenza verso chi soffre e da un certo amore verso la Madonna vogliono lavorare nelle file del Centro, non accettandone però tutto lo spirito e la fisionomia.
Tali persone fanno il proprio male e ritardano l’apostolato.
Le esperienze proprie e le personali aspirazioni vengono sovrapposte alle precise tematiche presentate dalla Madonna stessa, con la risultante di ritardarne i frutti salutari che devono essere punti di ripresa nella vita della Chiesa.
Il Santo Padre biasima tale modo di procedere e sottolinea la necessità di uscire fuori dall’anonimato e di assumersi le precise responsabilità che l’Associazione chiaramente presenta agli iscritti.
« Oggi non è molto sentito il bisogno associativo; ciascuno vuoi tenersi libero, non vuole vincoli, non disciplina, non iscrizioni, non tessere, non distintivi, al contrario di ieri. Ma la realtà delle cose, con la voce del Concilio ci ammonisce: “nelle presenti circostanze è assolutamente necessario che... sia rafforzata la forma di apostolato associata e organizzata...” Ecco la parola oggi non da tutti compresa: l’organizzazione. Indubbiamente essa produce molte complicazioni, molestia, oneri, che non sono sempre gradevoli, I giovani specialmente ne sono sensibili e insofferenti. Indubbiamente l’organizzazione non è fine a se stessa; ma è necessaria; dovrà essere snellita e modellata secondo le circostanze, i gusti, i bisogni, ma è necessaria. E’ sotto un certo aspetto un sacrificio, ma insieme un onore per chi vi appartiene. Per l’apostolato moderno è praticamente indispensabile: occorre l’organizzazione”» (Paolo VI all’assemblea nazionale della A.C.l. 25 settembre 1970).
Il Decreto dell’Apostolato dei Laici ribadisce l’impegno a chi dà la propria adesione a qualche forma apostolica associativa di assimilare e vivere lo spirito che l’Associazione presenta ai propri iscritti.
Altri arrivano al punto di voler lavorare nel Centro cercando di sminuire o addirittura di allontanare l’intervento della Madre della Chiesa affermando che il programma si può ugualmente affermare senza fare preciso richiamo al Messaggio di Lourdes e di Fatima.
Costoro non pensano che se per ipotesi il Centro accettasse le loro malsane insopportazioni finirebbe con il condannare se stesso, escludendo proprio le finalità per cui esso è sorto: essere cioè una precisa risposta dei fedeli sani ed ammalati alla Madonna che ha richiamato ad una fervente ripresa di vita cristiana.
Non si dica e non si tema che la devozione alla Madonna allontani oppure ostacoli una vera formazione cristocentrica. Se così fosse la devozione mariana affermata non sarebbe né vera, né sincera, ma un miscuglio di sentimenti di cui non si comprende bene né l’origine, né il fine.
In questo momento sull’Esplanade il Cristo passa nella sua realtà Eucaristica, mentre Maria Ss.ma unendo la Sua voce a quella dei figli incessantemente implora fede, conforto, speranza, carità per tutti.
Mai, come qui, si sente la potenza gravitante dell’Immacolata verso il Cristo reale e mistico, che fa gustare la stupenda realtà del Battesimo.
Gli apporti che recano confusione, contestazioni e perplessità sui punti base della vita del Centro non sono graditi. Per questo motivo, a salvaguardia della necessaria unità nella vita del Centro, si ravvisa la necessità e lo si raccomanda vivamente di fare un vero ed accurato aggiornamento degli schedari -
Non conta il gran numero di aderenti e simpatizzanti; conta un piccolo numero, forte, deciso ad attuare con tutte le proprie forze il programma richiamato dalla Vergine Santa qui a Lourdes ed a Fatima, a costo, se necessario, di ricominciare da zero.
Proprio per questo motivo, sentito anche il parere del Consiglio Direttivo della nostra Associazione, si è stabilito di dare le seguenti direttive valide per tutti:

1) Preparare dei dirigenti del Centro per un vero e profondo rinnovamento. Basta con i circoli chiusi e ristretti.
L’apostolato deve sentire in sé l’esigenza del fermento, che, proprio perché fermento, lievita e pervade l’intera massa.
Dobbiamo, in parecchie zone, uscire fuori da posizioni stagnanti. Dobbiamo allora preparare dei “ Leaders “, ossia dei responsabili, dei dirigenti — sani ed ammalati — che comprendano e vivano l’intero programma in tutta la sua dinamica. A questo scopo abbiamo programmato dei corsi formativi, ripartiti per Regione, strettamente riservati alla categoria indicata che si vuole creare. Nell’intento di provvedere al domani, tocca alle attuali direzioni Diocesane presentare elementi capaci di assimilare una linea formativa e di presentarla intorno a sé, quale testimonianza luminosa, che a sua volta richiami e illumini per mete sempre più vaste e più concrete.
Tocca ancora a ciascuno uscire fuori dall’anonimato e mettersi a servizio dell’immacolata per l’attuazione del Suo materno programma, direttamente prenotandosi ai suddetti Corsi.

2) Occorre ristrutturare ed animare i Consigli ed i Centri Diocesani. Non basta segnare dei nomi, tanto per dire che le cariche sono state tutte coperte.
Per meglio riuscire a tale intento si è stabilito che:
a) Le cariche ogni sei anni vengono rinnovate.
La Direzione Nazionale prenderà contatto con i singoli Eccellentissimi Ordinari per addivenire a tale rinnovo.
I vantaggi dei rinnovi delle cariche sono evidenti.
b) Lo schedario degli iscritti venga aggiornato.
lì Centro Nazionale invierà copia del targhettario di Roma agli Incaricati Diocesani con preghiera di attuare un’attenta verifica degli iscritti, segnando accanto ai nominativi inviati se ancora in vita, oppure deceduti o se invece è cambiato l’indirizzo.
In questa maniera sarà facile svolgere una verifica oculata e seria, che acconsenta a stabilire con certezza il numero degli iscritti.
Va da sé che a tali elenchi non possono essere aggiunti i nominativi dei simpatizzanti, bensì soltanto dei reali iscritti.
L’enorme spesa, del resto, per la stampa della Rivista L’Ancora “ (48.000 copie) esige un controllo accurato.
c) I «Fratelli degli ammalati» siano regolarmente iscritti ed inseriti nell’attività dei Gruppi d’Avanguardia.
 Sono gli ammalati stessi che hanno reclamato questa esigenza, che trova riscontro nell’intrinseca struttura dell’apostolato.
Si aiuta e si sostiene l’apostolato in base alla condivisione del programma e del suo peso del lavoro.
Si è pensato, inoltre, di parzialmente elevare la quota d’iscrizione dei Fratelli degli Ammalati, portandola da mille lire a due mila all’anno.
E’ questo un modesto contributo di sostegno per la stampa, che deve essere offerta a chi soffre, senza nulla richiedergli.

3) Occorre ristrutturare i settori, precisando l’età degli appartenenti, proprio per non precludere la dinamica del settore stesso.
Si è stabilito allora che si considerino:
— bambini fino ai 12 (massimo 14) anni d’età;
— adolescenti dai 12 ai 16 anni (massimo 18);
— giovani dai 16 ai 30 anni;
— adulti dai 30 ai 65 anni;
— anziani dai 65 in poi.

4) Per poter raggiungere ciascuno in particolare e dirgli una parola di formazione e di sostegno ho preparato una serie di ritiri spirituali, incisi su disco, tipo piccolo, che sarà puntualmente inviato a chi farà l’abbonamento a partire dal 1° gennaio 1972 in poi.
La serie è di 12 dischi, che verrà inviato per il primo venerdì di ogni mese. Il prezzo dell’abbonamento è di L. 8.000 l’anno, compresa la spedizione.
Il tema dei ritiri dell’anno 1972 è: «RINNOVAMENTO» nella parola del Santo Padre ed alla luce dell’esortazione Apostolica «Signum Magnum» pubblicata in occasione del cinquantesimo dell’Apparizione della Madonna a Fatima.
Soltanto considerando la parola del Santo Padre e l’insegnamento della Madre della Chiesa in una sola prospettiva riusciremo ad elevare gli animi nostri formando una reale unità di intendimenti, basata sull’unità di mente e di cuori.
Mi è sembrato, in questa maniera, di avere stabilito un nuovo rapporto con ciascuno di Voi, entrando, per mezzo del disco, nella vostra cameretta, stabilendo così un dialogo, che potrà essere continuato, se a voi piace, anche per lettera, per aiutare ciascuno a risolvere le proprie difficoltà.
Al termine di ogni meditazione ho posto una serie di interrogativi per facilitare la necessaria revisione di vita.

4) SPIRITO Dl DISCIPLINA NELL’ATTUAZIONE DELLE LINEE PROGRAMMATICHE
Sentire tutti alla stessa maniera, assumere in questi momenti delicati e decisivi nella vita della Chiesa la propria posizione di lavoro apostolico e poi camminare con ordine e disciplina.
Se qualcosa di bene si è potuto fare in questi XXV anni di lavoro è perché si è cercato di avanzare con amore e spirito unitario, sforzandoci di affermare le linee generali del programma, anche se per forza di cose non si è potuto attuare tutto ciò che si sarebbe ardentemente desiderato.
Si è cercato di attentamente seguire i diversi Centri diocesani affinché fin dall’inizio del loro apostolato partissero su linee ben precise che prolungassero ed affermassero quelle che la Chiesa aveva approvato ed indicato.
Non si è mancato di dare linee chiare a quelle zone in cui si imponeva un lavoro in piano allargato affinché non venissero immessi nella vita apostolica del Centro persone ancora suscettibili di: formazione specifica.
Sempre è necessaria la distinzione del lavoro vero e proprio del Centro che è prima di tutto formazione e sostegno degli iscritti nella triplice dimensione: chiesa, famiglia, società e l’azione del Centro in piano allargato per estenderne le finalità tra simpatizzanti o meno.
Nell’azione in piano allargato si intende lavoro “ su ” persone per farne degli aderenti; nell’azione invece interna « del » Centro si intende impegno di vita e di sostegno apostolico nelle linee, nella fisionomia e nelle strutture dell’Associazione.
Altri vorrebbero avviare esperienze assistenziali sociali tra gli iscritti al Centro, positivamente ignorando quanto il Centro sta, con vero sforzo, facendo in merito.
Tale modo d’agire non e né sincero, né ispirato a sensi di unità, ma crea soltanto confusione, smarrimento con dispendio di forze, spreco di capitali e preciso danno degli iscritti, che sono costretti a seguire sempre esperienze nuove, presentate da chi vuoi procedere senza tenere conto di quanto già viene svolto.
Una sorella iscritta al nostro Centro così denuncia la azione di certi sani inseriti nel nostro apostolato che non vogliono comprendere le possibilità umane e costruttive dell’ammalato:
« Purtroppo non riesco a trovare persone disposte a collaborare in piano apostolico; mi si accusa di tenere troppo allo spirito dell’Associazione e questo anziché dispiacermi mi fa piacere, perché se ho dato l’adesione ad una Associazione è perché volevo viverne lo spirito; d’altra parte non chiedo agli altri che accettino di aderire alla nostra Associazione se non è conforme alle loro esigenze spirituali, ma se si incoraggia chi ha dato la propria adesione ad attuare il programma e a chi viene per aiutarci a rispettarlo, mi sembra che ciò sia doveroso da parte di chi ha una responsabilità vocazionale. Se questo mio modo di agire è sbagliato Le chiedo di avvisarmi, sorella Elvira; per me sarà molto più semplice e facile non restare ferma su questa posizione. C’è una cosa di cui non riesco a rendermi conto ed è che agli ammalati non si voglia riconoscere il diritto alla libertà di azione; infatti, mentre si trovano persone disponibili per un compatimento, magari per un conforto e forse anche per un divertimento, non è facile trovare chi sostenga un’iniziativa propria degli ammalati, con la direttiva degli stessi ammalati... Questa posizione di responsabilità apostolica siete stati voi a darcela, ma quanti la rispettano? Quanti sanno restare vicini agli ammalati in umile collaborazione? Gli ammalati sono sempre veramente i primi responsabili nell’apostolato della loro categoria? Tutte le mie difficoltà mi vengono proprio da questa posizione, perché desidero dare appunto questa testimonianza, ossia, che un ammalato ha il dovere ed il diritto nella Chiesa di essere membro attivo e responsabile, cioè ha come ogni altro battezzato la possibilità e la capacità di svolgere un proprio apostolato di categoria, per cui ha bisogno di essere aiutato e non sostituito da un fratello sano; ma il malato che non si lascia proteggere, che non chiede solo conforto, che ha una volontà propria, che vuole adoperare la sua testa, non sempre è capito e sarebbe poco male se chi non capisce si disinteressasse di lui, ma trattandolo così, non gli si nega la sua dignità di uomo? Ed allora ci si scandalizza tanto per la discriminazione razziale, ma non è un fare la stessa cosa impedendo ad una persona, solo perché ha un impedimento, la possibilità di realizzare se stesso? Perché si vorrebbe impedire ad un uomo di fare le sue scelte solo perché ha le gambe ferme o l’occhio spento?
Non mancano inoltre coloro che consigliano un dialogo aperto, fraterno, costruttivo. Il Centro è sempre stato ed è aperto a tutti i dialoghi, ma il dialogo può essere svolto in piano costruttivo partendo dai punti base; riconosciuti ed approvati dalla Chiesa, ma mai a danno della verità o delle sane esperienze che hanno dato frutti precisi di bene.
Il sistema delle esperienze personali, arbitrarie, attuate da simpatizzanti nelle file del Centro e per di più alla sua insaputa o esplicitamente contro la sua volontà, noi non Io approviamo, non lo vogliamo, mentre con tutte le forze esortiamo gli iscritti a vivere in spirito di unità e di disciplina, consapevoli che soltanto così si è
— forti,
— invincibili,
— temibili dal nemico delle anime nostre,
— concreti nel proprio apporto di attività apostolica,
— cari alla stessa Immacolata che vede negli iscritti i figli protesi ad attuare il Suo programma di salvezza,
— preziosi agli occhi della Chiesa che non cessa di richiamare ordine e disciplina nell’intento di difendere l’unità e la carità. Non è mancato chi in spirito di vana accondiscendenza contro precise direttive del Centro sia anche andato incontro a questi tentativi isolati, confondendo il dialogo e lo spirito di formazione individuale, che certamente devono precedere l’adesione stessa.
L’adesione è sempre necessaria per poter dire che si appartiene al Centro; e questa la esige la forma giuridica stessa della costituzione del Centro, essendo esso una Pia Unione primaria che accoglie gli aderenti soltanto attraverso una vera e propria adesione esterna precisa, data nella forma prescritta.
Tutti questi vari tentennamenti che si scorgono qua e là stanno ad indicare che non si conosce né il programma dell’immacolata, né quello che il Centro presenta quale risposta alla Vergine Santa.
Questa mancanza di conoscenza di linee precise è quanto fa tentennare sia coloro che da tempo lavorano nelle file del Centro, sia ancor più quanti vorrebbero inserirsi in questo apostolato.
Lo spirito di disciplina che è il sostegno dell’unità d’azione e la forza del Centro stesso deve portare a marcare la doppia linea d’azione:
— per i principianti e per quanti danno la propria adesione dopo una scelta accuratamente meditata e pensata che porta ad illustrare loro le linee operative del nostro centro, facendo ad essi comprendere i vari perché di un dato modo di procedere, in maniera che l’adesione e l’inizio di lavoro siano accompagnati da un periodo di affiancamento e di spiegazione per addestrarli.
In tale modo queste anime di buona volontà vengono addestrate alle linee dell’apostolato del Centro e si evita che abbiano a cadere in aperti errori psicologici o metodologici, o a creare complicazioni nella vita stessa del Centro che immediatamente andrebbero ad urtare contro gli ammalati che costituiscono tutta la ragion d’essere della attività nostra.
— per coloro che già conoscono le linee del Centro.
In questo caso non c’è problema.
Tocca proprio ad essi maturare in seno al Centro stesso tutti quei propositi e quelle iniziative che devono rendere più sicure le linee operative degli ammalati, esaminando con le varie Commissioni stabilite, tutti quei fatti che emergono e che, come tanti segni validi di esperienze vissute, vagliate e controllate nei frutti, indicano vie sempre più sicure e più aperte all’apostolato.
Pensare che sia bene cedere a tutte le varie pressioni che vengono fatte sulla Direzione o a tutte le richieste dei vari simpatizzanti o di quanti intendono fare l’affermazione delle proprie idee nella nostra Associazione è uno sbaglio.
La stessa carità, che si invoca quale principio per poter andare incontro a tutti, ci condanna, poiché proprio ancora per tale principio non si può ritardare il cammino degli altri o immettere in apostolato elementi che turbano poi il buon andamento di tutti.
Lo spirito di disciplina deve portarci a commisurare tutte le iniziative e le varie attività stesse che nascono e fioriscono quali esigenze evolutive delle nostre linee di azione.
Equilibrare queste esigenze perché armonicamente crescano e si affermino, senza danneggiare quanto già si sta svolgendo, è indirizzo disciplinare ovvio.
Evidentemente occorre saper attendere, bilanciare e sostenere i vari settori, promuovendo tutte quelle iniziative che portano avanti un’intera linea programmatica d’azione e non soltanto qualche elemento frammentario, bello finché si vuole, ma distaccato, avulso dall’insieme, con danno dell’intero programma che richiede lenta maturazione ed affermazione totale di tutta la linea d’azione.
Lo spirito di disciplina ha una duplice dimensione, quella verticale che accetta l’intervento dell’Immacolata integralmente vivendolo nella propria persona, quello orizzontale che si protende verso tutti con lo stesso desiderio e ordine metodologico affinché tutti attuino lo stesso messaggio di salvezza nella stessa maniera, in tutti i settori a beneficio della società.

5) SPIRITO Dl INIZIATIVA NELL’AZIONE Dl FERMENTO CHE DEVE SCATURIRE DALLE COMMISSIONI
Da tempo si avverte nel Centro dei Volontari della Sofferenza la necessità che si raccolgano idee, esigenze e situazioni degli iscritti per stabilire settori di studio e portare avanti un discorso che viene giustamente impostato dagli stessi sofferenti, sostenuto dalla Direzione, che vuole essere guida e sostegno di ognuno.
Affinché il dialogo tra gli iscritti al Centro non sia un monologo, svolto cioè soltanto da una parte sola, è necessario che il discorso venga portato avanti, con la responsabilità delle Commissioni dei vari settori, del Centro Studi, sotto la diretta responsabilità del Padre dell’Associazione.
In sede di Commissione si esaminano le esperienze si approfondiscono i problemi che emergono e si conduce poi avanti, in piano di studio, quanto si manifesta utile alla formazione psicologica e soprannaturale degli iscritti.
Affiorano qua e là dei pericoli:
1) Taluni nella constatazione di quanto si sta facendo in piano sociale dalle diverse organizzazioni che esistono, vorrebbero che la parte sociale, nella vita del Centro, avesse il primo posto.
2) Altri invece vorrebbero che il Centro pensasse, in modo particolare, al programma ricreativo nell’intento di bilanciare una vita di isolamento e, talvolta, anche di abbandono.
In questi settori poi si afferrano anche vere e proprie deviazioni di carattere sentimentale che portano ad amare constatazioni.
Non si esita di suscitare con il proprio contegno problemi a cui il sofferente magari nemmeno pensa. Spesso con un certo modo di fare libero, senza ritegno, si suscitano reazioni di indole morale che hanno una loro vera e propria gravità.
L’idea del Centro a questo proposito è a tutti ben nota. Basti leggere la vita di Angiolino e di Giunio Tinarelli per comprendere che la riservatezza deve essere la prima caratteristica di chi si pone al servizio dell’immacolata. Del resto certe libertà, per esempio quella di affrontare con il « tu qualsiasi ammalato senza alcuna distinzione di età o sesso, è inconcepibile. Nessuno oserebbe lungo la strada avvicinare persone con modi o atteggiamenti familiari senza temere di sentirsi richiamare le prime ed elementari regole di educazione civile.
Il trattare del resto in questa maniera i sofferenti significa:
— non avere alcun rispetto della loro personalità,
— non aver alcun senso pedagogico, poiché si infrangono comuni regole civili che devono, come tutte le occasioni di vita, servire alla maturazione della persona umana.
Non è l’amicizia incontrollata che matura la persona, bensì quella che in spirito soprannaturale sa donare ciò che manca all’altro senza turbare, senza Imporre le proprie esuberanze che finiscono con stordire e portare lontano dalla vera realtà.
La Madonna, del resto, proprio parlando con la piccola Bernardetta, figlia del popolo, povera e malata, usava quella forma di rispetto che noi, sbandati e sviati come siamo, abbiamo il coraggio di classificare antiquata ed esagerata. La Madonna, qui alla Grotta, ha parlato con la piccola figlia del mugnaio Soubirous usando il “ Vous “ francese, che corrisponde al nostro “ Lei “.
Ammalato per lungo tempo io pure come voi, posso dire che sempre mi hanno urtato quelle libere forme cameratesche che fanno pesare ancora di più la propria impotenza e che sembrano concessioni paternalistiche che umiliano e fanno maggiormente sentire il peso della sofferenza.
Il rispetto vero e sentito della personalità affonda le sue radici nella stessa dignità dell’uomo ed ha le sue componenti soprannaturali, quelle che emanano dalla infinita dolcezza del cuore di Gesù e dalla materna delicatezza dell’Immacolata.
La vera comprensione e la vera carità non hanno bisogno di sdolcinature e la personalità, se pur bisognosa di comprensione e sostegno, non matura nella inqualificata promiscuità o sguaiatezza d’ambiente.
Uno sguardo, un sorriso dicono spesso ben di più di tante smancerie che svuotano e lasciano il tempo che trovano.
Queste linee intendo richiamare, mentre elevo, al di là del Gave, lo sguardo verso la Grotta, assaporando la delicatezza del Cuore grande e caritatevole della nostra Madre spirituale che pur amandoci tanto, al punto di sacrificare col Padre il Suo Unigenito per la nostra salvezza, tuttavia tratta noi, proprio perché comprende la nostra alta dignità, con sommo rispetto.
La vita nel Centro allora è una cappa di piombo?
No, è rispetto, gioia, libertà, carità, iniziativa che parte dal Cristo e si protende sugli ammalati che sono la “ Sua “ trasparenza.
La vita del Centro vuole essere la ripetizione gioiosa del Magnificat della Vergine che sa trovare tutta la sua orizzontalità d’amore alle creature, dimostrando di saper passare, senza il più piccolo commento, dall’amore verso il figlio, che moriva in croce, alla casa di Giovanni che vedeva in Lei la Madre spirituale di tutta l’umanità.
Se il desiderio dell’attività sociale o dell’attività ricreativa prendessero il sopravvento sarebbe a scapito degli stessi iscritti, che devono attraverso il Centro, raggiungere la propria maturità spirituale e umana e attuare in piano apostolico il programma richiamato dall’immacolata.
Ogni Centro diocesano deve avere i propri responsabili di settore che siano in collegamento con le Commissioni per stabilire tra di loro un vero scambio di esperienze che devono maturare e positivamente allargare le linee della vita del Centro.
Tocca ai rispettivi Centri diocesani eleggere gli incaricati di vari settori che fanno capo alle singole e proprie Commissioni.
Le Commissioni poi devono essere vero lievito che fermenta le masse, promuovendo quegli scambi di esperienze che sono la base di un buon andamento del Centro e la garanzia di un continuo adeguamento alle esigenze degli iscritti.
Nel 1947 soltanto in due abbiamo dato vita al Centro. Ora, grazie a Dio si è in tanti!
Le esigenze si sono rese sempre più vive, ora le Varie Commissioni devono portare avanti il discorso e le necessità degli iscritti.
Tocca alle Commissioni studiare e presentare programmi di lavoro sempre più aggiornati.
Come pure tocca al Centro Studi, con l’aiuto di veri competenti che amino e vogliano realmente dare un aiuto al Centro, preparare sussidi formativi sempre più adeguati.
La vita del Centro però non consiste nel solo studio dei problemi sociali, oppure nella sola programmazione di attività ricreative. Il Centro mira alla formazione totale dell’individuo in piano umano e soprannaturale, considerando la precisa posizione che egli ha nel Corpo Mistico quale membro attivo, vivo, responsabile nella vita della Chiesa, della famiglia e della Società.
Con questa totale presa di coscienza si affronteranno tutti i vasti problemi che toccano la vita del sofferente proporzionatamente affrontandoli, dovendo tutti questi problemi concorrere alla sua maturazione psicologica.
Non l’affermazione adunque di pochi settori assicurano lo sviluppo del Centro, ma un discorso allargato, condotto tra tutti gli iscritti affinché questi nel Centro e attraverso di esso, possano trovare tutti quegli elementi che sono indispensabili alla propria maturità umana e soprannaturale.
Il Centro ama le esperienze, desidera seguire i problemi che si manifestano, come per il passato ha dimostrato di farlo, ma vuole che tali esperienze vengano studiate e svolte con quella piena consapevolezza che spunta da una perfetta maturità dei Centri diocesani che camminano accanto al Centro nazionale in reciproco sostegno.
Sbagliano quello zone che, sentendo il bisogno di approfondire metodi e problemi, conducono il discorso in forma univoca, come se non esistessero altre migliaia di fratelli di dolore che sentono magari la stessa problematica e vivono il medesimo programma di ideale.
La formazione della Commissioni a raggio nazionale ben dice l’apertura ed il desiderio del Centro Nazionale di affrontare ed approfondire tutte le esigenze locali.
È, ripetiamolo, compito delle commissioni essere fermento di attività e di studio nei vari centri diocesani. Gli incaricati diocesani dei vari settori devono cercare di animare la vita dei propri gruppi, promuovendo quelle iniziative che vanno dalla maggior formazione umana, soprannaturale e sociale alla scoperta, con studi di questionari appositamente preparati, di quelle note caratteristiche che rivelano tendenze, esigenze, lacune, risorse, in maniera che la categoria particolare a cui l’iscritto appartiene, possa avere dal Centro quanto di meglio per la propria maturità.
Se così non fosse l’apostolato non sarebbe aperto e con risponderebbe alle esigenze.
Va da sé che le forme di studio e di esperienza vanno condotte con apertura da una parte e dall’altra con vero attaccamento al programma presentato dall’Immacolata e dal Centro sostenuto.
L’esperienza e lo studio devono mirare ad approfondire e scoprire con quali metodi e con quali sussidi, sempre più rispondenti alla situazione di oggi, possiamo presentare, sviluppare e sostenere tutto il programma presentato dalla Madonna con tutte le sue tematiche.
Questo è il vero lavoro che dobbiamo svolgere ponendo dinanzi alla Madre della Chiesa tutte le nostre situazioni, proponendoci di modificarle in spirito di filiale coerenza a quanto essa ha richiamato per promuovere il vero benessere soprannaturale e sociale.

6) SPIRITO DI FRATERNA CARITÀ CHE DEVE LEGARE GLI ISCRITTI TRA LORO
Questo spirito di fraterna carità che deve legare gli iscritti tra loro, oltre che avere quale sicuro ed evangelico fondamento l’unità che scaturisce dal fondamento della stessa vita cristiana, il Corpo Mistico, deve trovare la sua base di unione, di sostegno e di sviluppo, nella tenera e fiduciosa devozione verso l’Immacolata.
Devozione e amore che spingono a cogliere e fare proprie le ansie materne di Maria SS.ma per la salvezza del genere umano e riuniscono in un comune proposito lo sforzo di realizzare, nel tempo che viviamo, tale programma.
È l’unità di coloro che in Cristo amano la Vergine santa e si pongono alle sue totale dipendenze perché in ciascuno si formi il Cristo e scelgano Lei quale strada sicura per il Cielo e modello della vita apostolica che intendono svolgere.
Se questo è il legame interno degli iscritti tra di loro, non manca però un altro legame esterno, costituito dallo stesso programma accettato, nella sicurezza che nel programma presentato dalla Vergine benedetta vi è non solo il pieno richiamo all’osservanza della legge di Dio e del Santo Vangelo, ma l’indicazione di quei punti basilari della vita cristiana che costituiscono una salda e genuina ripresa di vita spirituale.
Questa comunanza di proposito e di lavoro deve unire gli iscritti tra di loro, dovendo essi imparare, sotto lo sguardo dell’Immacolata, a vedere il mondo come lo vede Essa, confrontando le varie vicissitudini della vita del singolo, delle famiglie, della Chiesa e della società che la vita di Lei, del Suo Gesù e con i punti di salvezza da Lei richiamati alla piccola Bernardetta Soubirous ed ai tre pastorelli di Aljustrel.
Da questo confronto scaturisce l’unità di esame e di studio delle situazioni spirituali e sociali con la conseguente responsabile decisione della scelta dei mezzi per inserire nella vita di tutti e di ogni giorno i punti di ripresa personale che costituiscono la ripresa della vita spirituale del singolo, della famiglia, delle parrocchie e della società.
Per raggiungere tale unità di esame e di studio, di scelta e di programmazione evidentemente occorre vivere e rinsaldare fortemente il vincolo della fraterna unità, quali fratelli e figli della comune Madre spirituale che tiene accanto a sé quali “ araldi, apostoli e maestri di verità “ coloro che spontaneamente si sono con Lei allineati per vincere con le pacifiche armi della preghiera e della penitenza il nemico della umanità.
Il vincolo della fraterna carità non è adunque soltanto una realtà interiore che accomuna con l’unità di proposito, ma un vero vivere assieme lo stesso programma, le stesse esperienze, le stesse difficoltà, vincendo le angolosità e le barriere personali o familiari, che farebbero anteporre a Dio l’affetto verso se stessi, le creature, la famiglia, il lavoro e la società.
Non si vuole con ciò sminuire i vincoli santi ed indissolubili della famiglia e della società, ma si vuole ribadire la realtà e la necessità di applicare quanto detto da Nostro Signore Gesù Cristo che: “ chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me “. “ Io sono venuto a separare lo sposo dalla sposa, la figlia dalla madre “.
« Non preoccupatevi di ammassare ricchezze su questa terra... ».
Ben pochi pensano alla realtà esigente di queste divine direttive che proprio perché si oppongono alla concupiscenza personale, facilmente vengono accantonate con facili scuse, cercando di accontentare la coscienza con quel poco che si fa, trascurando gli imperativi della carità che proprio dalla gravità di tante situazioni in cui molti fratelli nostri si dibattono, obbliga ad intervenire anche con grave scomodo del singolo.
Non limitiamoci a considerare le necessità corporali dei nostri fratelli anche gravi ed urgenti, specialmente se le trasportiamo nel settore dei sofferenti. Dobbiamo proprio come l’immacolata considerare la società nel suo fine totale che reclama testimonianza, azione, programmi validi e dalla Chiesa sperimentati e svolti sotto il suo affinché l’apporto sia realmente giovevole isolato, sperimentale.
Tale fermezza di adesione nell’apostolato si ha soltanto nella maturazione della carità che tutto vede, tutto sopporta e mai viene meno, proprio perché l’amore a Dio deve diventare così forte e reale da spingere l’anima a non amare più se stesa se non in funzione di Dio e le creature quali mezzi scelti e posti da Dio attorno a sé per andare a Lui.
Questo spirito di fraterna carità deve necessariamente spingere gli iscritti ad un affinamento continuo dell’anima propria, che vuoi dire ad una vita sempre più unita a quella del Cristo fino a diventare in tutte le proprie azioni la sua trasparenza vera e sincera. Elevatura d’anima che si basa sul principio di « vita » di famiglia che è in noi, vita che si oppone a quella statica tranquilla ed incurante di sé e degli altri, vita che è punto di partenza per un vero e dinamico apostolato che deve far parte integrante e costitutiva della propria vita, come è parte costitutiva della vita il lavoro e i rapporti con gli altri.
Il principio di unità che ci porta a ricercare sempre di più la perfezione di Dio, ci deve spingere a quell’esercizio pratico di carità fraterna che trova la sua attuazione nella vicendevole comprensione, nel mutuo sostegno nelle inevitabili personali lacune, nella preghiera e nell’offerta di sacrificio di riparazione e propiziazione affinché quel dato membro dell’Associazione abbia tutta la vivezza e dinamica apostolica che deve avere.
Lo spirito di fraterna carità che deve legare gli iscritti tra di loro è il primo frutto che l’Associazione attende e richiede, memore dell’avvertimento del Cristo, che « ogni regno in sé diviso va certamente alla rovina », desiderosa di rispecchiare la caratteristica dell’unità, per cui il Cristo ha pregato ed è morto.

7) SPIRITO Dl SOSTEGNO IN TUTTO IL LAVORO DEL CENTRO: CHI HA DEVE DARE A SOSTEGNO Dl CHI NON HA
Se dall’amore si passa all’azione per condividere il piano di lavoro, di cui si è vista l’importanza, dall’azione si passa al sostegno dell’attività che il Centro svolge nei suoi vari settori.
Venticinque anni di apostolato in un dato settore, necessariamente devono portare ad un ampliamento d’orizzonte programmatico, sorto dalle varie necessità, affiorate dalla evoluzione dei tempi.
Dall’applicazione della finalità spirituale con la casa per gli Esercizi Spirituali, costruita a Re e dalle Case di Addestramento Professionale di Arco, necessariamente ora, per spirito di umana solidarietà, occorre ancora fare passi in avanti.
Occorrono case di lavoro, occorrono ambienti di studio per la promozione sociale dell’ammalato, occorrono case di soggiorno estivo ove i nostri iscritti possano recarsi per evadere un po’ di tempo dal proprio ambiente trovando in quelle case il medesimo spirito e lo stesso ideale a cui si sono essi dedicati.
Non sbuffino i fratelli e le sorelle degli ammalati di fronte a questo programma. Basta che si guardino attorno e dentro se stessi per comprendere che l’assistenza pietistica avvilisce, mentre occorre considerare chi soffre in tutte le sue dimensioni: umana e soprannaturale, per potergli andare incontro, come noi andiamo incontro a noi stessi per la nostra promozione personale spirituale e sociale attraverso la partecipazione a convegni, soggiorni estivi — marini ed alpini — lavoro portato avanti secondo la dinamica del tempo che viviamo.
La medesima dinamica e la stessa proporzione che applichiamo a noi stessi, per debito di sincerità e fraterna solidarietà, dobbiamo applicarla ai fratelli sofferenti.
Noi pensiamo che essi, perché ammalati, debbano essere soddisfatti, contenti e senza altre aspirazioni per il fatto che abbiamo loro fatto una visita, portato magari il dono di un libro di lettura o riviste che per primi noi abbiamo letto e sfogliato senza forse nemmeno badare alla categoria della stampa che si pone loro in mano.
Tale tipo di solidarietà è una prova della grettezza di chi offre la mano e suona offesa a chi soffre.lì sofferente che vive in grazia di Dio dona un preciso contributo alla società, a ciascuno di noi, un aiuto per il nostro lavoro, per le nostre aziende, per la nostra famiglia, per la nostra santità.
L’ammalato, proprio per la sofferenza che offre, ha diritto di essere aiutato e sostenuto nell’offerta del suo dolore che costituisce lo sviluppo del proprio lavoro.
Egli deve raggiungere quella promozione umana, soprannaturale, sociale con tutti i mezzi che la società del XX.mo secolo dispone. Non si può dire a chi soffre penso a te per i tuoi Esercizi Spirituali e poi mi estraneo dai tuoi problemi di apostolato, di lavoro, di svago e di sostegno “.
Non basta dire, «ho dato la mia adesione ai “Fratelli degli ammalati” ed ho pagato, magari, anche la mia quota annuale di iscrizione e quindi ho fatto abbastanza ».
No! L’apostolato ha bisogno del tuo tempo; l’apostolato ha bisogno della tua esperienza umana e personale; l’apostolato ha bisogno del tuo interessamento; l’apostolato ha bisogno del tuo aiuto finanziario al punto che non ti è lecito, se vivi cristianamente, sperperare le tue ricchezze per futili e vani piaceri, mentre tante opere sociali attendono sostegno.
Il nostro tempo non è più il tempo delle parate, e delle sole affermazioni esterne. Oggi il cristianesimo è posto in discussione dal materialismo e naturalismo; oggi si impone il dovere di personalmente ed integralmente vivere il Santo Vangelo fino in fondo, senza minimizzarlo o ridurlo ad un libro che si tiene in casa, in fondo ad un cassetto, ignorando che tutto ciò che Gesù ha detto e fatto, tutto è stato compiuto e pronunciato per noi, uomini di oggi, come lo fu per la società di ieri e lo sarà ancora per quella di domani.
Oggi la società ha bisogno di vedere delle testimonianze, ossia dei cristiani, seguaci di Cristo, figli della Chiesa, impegnati nella testimonianza della carità che è aiuto e sostegno spirituale e materiale di quanti hanno bisogno.
La Chiesa del Concilio insistentemente esorta “ i laici affinché abbiano in grande stima e sostengano, nella misura delle proprie forze, le opere caritative e le iniziative di assistenza sociale, private e pubbliche “ (Ap. Laici, 8).
Tocca “ a ciascuno mettere a servizio degli altri il suo dono al fine per cui l’ha ricevuto “ (Ap. Laici, 3)
“ L’azione caritativa ora può e deve abbracciare tutti assolutamente gli uomini e tutte quante le necessità. Ovunque vi è chi manca di cibo, di bevanda, di vestito, di casa, di medicine, di lavoro, di istruzione, dei mezzi necessari per condurre una vita veramente umana; chi è afflitto da tribolazione e da malferma salute, chi soffre l’esilio o il carcere, quivi la carità cristiana deve cercarli e trovarli, consolarli con premurosa cura e sollevarli porgendo loro aiuto. Quest’obbligo si impone prima di tutto ai singoli uomini e popoli che vivono nella prosperità “ (A. Laici, 8).
Non sono, questi, concetti nuovi. La Chiesa di oggi vedendo il tenore di vita, le possibilità e le necessità di tanti suoi figli e di tante opere, fermamente richiama il principio della solidarietà fraterna predicata da Cristo e gioiosamente praticata dai cristiani dei primi secoli.
Nulla esime dal precetto della testimonianza dell’apostolato: “ né la cura della famiglia, né gli impegni secolari devono essere estranei alla spiritualità della loro vita “ (Ap. Laici, 4).
Ma c’è qualcosa ancora di più significativo nel medesimo decreto dell’Apostolato dei Laici:
“ Sebbene ogni esercizio di apostolato nasca e attinga il suo vigore dalla carità, tuttavia alcune opere per natura propria sono atte a diventare vivida espressione della stessa carità “ (Ap. Laici, 8).
Tale proprio è l’apostolato del nostro Centro, in cui il sofferente dona se stesso per la società e la società offre a lui quanto necessario per la sua totale maturazione, per il suo sostegno.
Che la carità debba essere realizzata in modo fattivo, concreto, con sacrificio, con qualcosa che viene colto da se stesso, dal proprio lavoro, dalle riserve della propria famiglia è quanto mai chiaro sia dall’insegnamento di Nostro Signore Gesù Cristo, sia dalla predicazione e dalle lettere degli Apostoli.
Il precetto del superfluo e la stessa identificazione di Cristo nel bisognoso, grandemente fanno pensare chi con vera intelligenza guarda la propria persona nelle dimensioni dell’intera società.
Il Centro “ Volontari della Sofferenza “ nella svolta di questo suo XXV.mo di lavoro addita tutti i problemi del Centro e invita gli iscritti a prendervi fattivamente parte.
Il Centro nazionale sta affrontando un intenso ed esteso piano di attività per dare a tutti gli iscritti sussidi di formazione spirituale ed aiuto in piano sociale che va dalla riqualificazione professionale alle case di lavoro e di soggiorno estivo tenute con i criteri che il Centro afferma.
Per questo programma occorre studio, interessamento nazionale, regionale e diocesano e unità di programma.
Per questo programma, oggi, come all’inizio dell’apostolato, stendo volentieri la mano a chi ha, mentre rivolgo fraterno invito di rivedere ciascuno la propria posizione di cristiano alla luce delle direttive della Chiesa e dell’insegnamento di Nostro Signore Gesù Cristo.
Sia sempre presente dinanzi a Voi che il vostro aiuto ed il vostro sostegno direttamente va all’affermazione del programma dell’Immacolata, essendo il nostro apostolato una chiara risposta al Messaggio di Lourdes e di Fatima.
Mi permetto di attirare inoltre la vostra attenzione sugli sprechi che giornalmente vengono fatti a tutti i livelli – sani e malati – con i mezzi della stampa, le riviste, il fumo, il cinematografo e svaghi vari.
Non è del cristiano finanziare la stampa empia ed immorale, come non è del cristiano sprecare soldi in fumo, cinematografi, svaghi non sempre chiari e puliti, quando problemi assillanti restano insoluti o affrontati soltanto in parte con danno della collettività.
Alle opere sociali e allo stesso apostolato occorre un sostegno autonomo interno all’Associazione, e costante, proprio come dice il Decreto dell’Apostolato dei Laici.
La Casa “ S. Francesco “ a Condino, casa di lavoro e quella di Moncrivello sono svolte della vita del Centro che chiedono il vostro interessamento ed il vostro aiuto.
Occorre dare fiducia nella vita a chi con la sofferenza pare radiato dalla società e questo non soltanto a parole ma con i fatti, con l’attenzione, con l’affiancare, il camminare insieme sulla via dell’apostolato in tutte le sue dimensioni spirituali, sociali, assistenziali.
Dio e la Vergine Santa, nel cui nome il Centro continua il suo cammino, ci benedicano, ci guidino e ci sostengano nella revisione ed attuazione di tutti i mezzi di apostolato per essere strumenti sempre più efficienti per i nostri fratelli sofferenti.
Unitamente a Sorella Myriam cordialmente Vi saluto.
Lourdes, 16 luglio 1971.

L.N.