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Venerabile Mons. Luigi Novarese - Scritti editi:
L’Ancora: n. 6 - giugno 1968 - pag. n. 1-5

Dio incontro all’uomo l’uomo incontro a Dio

L’ITINERARIO DELLA SALVEZZA

l. La prima attenzione psicologica usata da Dio nei nostri riguardi sta nel modo con cui egli si è degnato di attuare il piano redentivo. Volendo il Figlio di Dio riconciliare al Padre l'umanità, non soltanto venne nel mondo, ma prese la natura umana. incarnandosi, per mezzo dello Spirito Santo nel seno purissimo di Maria Santissima. Il Figlio di Dio, unendo a sé, in un'ora ben precisa e ben determinata, la nostra natura “vincendo la morte con la sua morte e risurrezione, ha redento l'uomo e l'ha trasformato in una nuova creatura” (Cost. Dog. 7).
L'uomo aveva interrotto con il peccato la vita divina che aveva in sé, Gesù gli ridona la possibilità di riprendere la medesima comunanza di vita mediante la grazia, stabilendo un primo contatto comune tra Dio e noi, che eravamo da redimere, mediante la natura umana; ed apparve a noi così l'umanità e la benignità del Figlio di Dio, non per volontà di uomo o diritto di sangue ma per Sua libera volontà.

L’INIZIATIVA DI DIO

2. L'incontro di Dio con la creatura nel seno dell'Immacolata è il primo punto di questo avvicinamento nell'intento di riprendere il filo del dialogo interrotto dai nostri progenitori.
Già dalla presentazione dell'intervento divino nella storia dell'umanità evidente appare il profondo amore del Creatore che ci viene incontro, circondandoci delle più delicate forme psicologiche affinché noi vediamo la sua volontà salvifica e, senza alcun timore, a Lui ci uniamo per essere nuovamente partecipi della Sua vita. Cogliamo alcuni dati di fatto che tanto serviranno per comprendere tanta umana sofferenza.
1) Dio non ha rigettato la nostra natura ribelle, corrotta dopo il peccato; nè l'ha abbandonata a sé nell'impossibilità di risolvere i problemi essenziali della propria esistenza; di dare un senso, uno scopo, al lavoro ed al dolore.
2) Accostandosi a noi, ha voluto assumere la nostra natura per stabilire una base comune e dare inizio ad un colloquio che deve concludersi con la riabilitazione della creatura, mediante la restituzione di possibilità soprannaturali, interrotte e perdute, principi di vita e d'azione che portano alle più alte vette ella santità e dell'eroismo.
In base a tali principi soprannaturali, innestati alla umana natura “ancora peregrinanti in terra, mentre seguivamo le orme di Cristo nelle tribolazioni e nella persecuzione, come il Corpo al Capo venivamo ad essere associati alle sue sofferenze, e soffriamo con lui per essere con lui glorificati” (Cost. Dog. 7).

UN MODELLO DA IMITARE

3. Non soltanto Gesù volle attuare l'opera redentiva ma volle fin dall'inizio del piano della redenzione porre dinanzi alla nostra considerazione un esempio di creatura in tutto uguale a noi, diversa da noi soltanto per l'assenza del peccato, Maria Ss.ma, per dimostrarci la piena possibilità di seguirlo, imitarlo cooperando con lui affinché la sua volontà di salvezza sia ovunque affermata:
a) Maria, figlia di Adamo acconsentendo alla parola divina, diventò Madre di Gesù, e abbracciando, con tutto l'animo e senza peso alcuno di peccato, la volontà salvifica di Dio, consacrò totalmente se stessa quale ancella del Signore alla persona ed all'opera del Figlio suo, servendo al Mistero della Redenzione sotto di Lui e con Lui, con la grazia di Dio onnipotente (Cost. Dog. 56).
b) Modello perfetto della vita spirituale ed apostolica, instaurata da Gesù Cristo, è la Beata Vergine Maria, Regina degli Apostoli la quale, mentre viveva sulla terra una vita comune a tutti, piena di sollecitudini familiari e di lavoro, era sempre intimamente unita al Figlio suo e cooperava in modo del tutto singolare all'opera del Salvatore (Apost. Laici, 49).

VIA APERTA

Da quanto è stato accennato scaturiscono alcuni punti che devono essere portati ai sofferenti in fraterno ed amichevole solidale colloquio affinché escano dal proprio isolamento e comprendano le grandi possibilità costruttive che essi detengono sia per l'incremento e vitalità del Corpo Mistico di Cristo, sia per l'intera umanità:
1) Non per compassione diciamo a chi soffre che il dolore è vinto ma perché il Figlio di Dio realmente lo ha vinto con la Sua morte in croce, dandoci la possibilità di cancellare i peccati che sono la causa prima di tanti mali, mali di tutti i generi.
2) Nell'instaurare il colloquio con chi soffre risaliamo la storia dell'umanità e poniamo le anime che vogliamo conquistare di fronte al dato storico e preciso che Cristo, il Figlio di Dio, ci ha parlato. Gesù ci ha risolto tutti gli angosciosi perché della vita ed è il nostro divino modello.
3) Far comprendere allora che comunicando a noi la sua vita, Dio ci dona possibilità costruttive e nuove responsabilità, in piano soprannaturale, impensate. “Non c'è settore che rimanga precluso a chi soffre” (Giovanni XXIII ai Vol. della Soff. 19-3-1959).
4) Ed allora la conseguente responsabilità vocazionale. Non tutti siamo lo stesso membro nel Corpo Mistico di Cristo pur costituendo tutti un solo corpo (I Cor. XII). E' dovere quindi di ciascuno, attraverso la meditazione e la considerazione delle cause seconde, scoprire la propria vocazione, magari contraria ai gusti personali per viverla con dignità, ricchezza di espressioni e di offerta come l'ha vissuta nostro Signore Gesù Cristo per il completo sviluppo del nostro Corpo, che è il Suo Corpo Mistico, di cui gioiosamente facciamo parte.
5) Far scoprire i doveri di rappresentanza, di sacrificio che incombe ad ogni membro del Corpo Mistico per il fatto dell'inserimento della sua vita in Cristo, Sommo ed Eterno sacerdote: “Il Sacerdote è l'uomo di Dio”, ma non soltanto il sacerdote ministeriale. Anche il Sacerdozio dei fedeli, regale sacerdozio di Cristo, deve essere affermato da coloro che ne sono stati investiti col Battesimo con vera consapevolezza sentita e vissuta. L'ammalato nel. suo ambiente di sofferenza è il Cristo che continua la sua passione, per cui, essendo egli una cosa sola con Lui, non può svilire il suo sacerdozio, cui è associato, nè può sminuire le sue visualità di offerte sacrificali, nè indebolirle o, Dio non voglia, svuotarle, con la presenza del peccato nell'anima.
6) Far scoprire a chi soffre, che la partecipazione alla vita di Dio, è un preciso punto impegnativo di partenza e di cooperazione, che ci impegna dal programma della nostra personale e necessaria santità alla donazione d'amore di noi stessi per la salvezza di tutti, come il Cristo, il quale, in tutto simile a noi, fuorché nel peccato, ci impegna, per coerente identità di idee e di sentimenti, a dare come Lui la vita per i fratelli.
E così la vita del cristiano, a fortiori la vita del sofferente, è la più bella vita lanciata nell'amore che nell'unità con la persona amata, il Cristo, ci porta alla conquista di tanti altri fratelli, che vengono a far parte del nostro Mistico corpo, arricchendo e potenziando a loro volta noi stessi con la rispondenza alla grazia, abbellendo il volto della Chiesa, dilatando il regno di Dio.
Come grandi e meravigliose realmente sono le vie di Dio e come insondabili le ricchezze del suo Cuore divino!

L.N.