Venerabile Mons. Luigi Novarese - Scritti editi:
L’Ancora: n. 4 - aprile 1958 - pag. n. 1-6
L’AZIONE DELL’AMMALATO
Impegno d’azione
Diretta conseguenza dell’impegno di santità è l’impegno all’azione.
È tornata la primavera, ha detto con tanta forza d’animo il Santo Padre ai
100.000 giovani dell’Azione Cattolica riuniti in piazza San Pietro, è tornato
quindi il tempo dell’azione, della vita che si sprigiona, si afferma e dà i suoi
frutti.
Rinnovati nello spirito per mezzo della incorporazione a Gesù Cristo con Santo
Battesimo dobbiamo rinnovarci anche nella mente, “cioè in quel principio intimo
che anima e dirige le nostre azioni” (Efesini, IV, 24).
Ciò costituisce tutto un programma d’azione, dall’azione che dobbiamo svolgere
in noi per essere sempre all’altezza della nostra eccelsa dignità, di figli di
Dio, all’azione che dobbiamo svolgere attorno a noi, per combattere il nemico
delle anime nostre in tutto il male che dissemina tra i fratelli.
Non si può essere cristiani soltanto di fede; la fede senza le opere è morta. «
Non impiegate le vostre membra — ci ammonisce San Paolo (Roma IV, 13) —che
furono consacrate a Dio col battesimo, come mezzo per far trionfare il peccato,
commettendo le iniquità; ma offritevi invece a Dio come uomini tratti dalla
morte alla vita della grazia e offrite a Dio le vostre membra come strumenti di
giustizia, operando il bene ».
La vita del cristiano è un continuo combattimento (II Cor. X, 4).
Così la concepisce l’apostolo Paolo e così ce l’ha descritta Nostro Signore Gesù
Cristo.
« Indossate tutte le armi di Dio, per poter resistere alle insidie del diavolo,
perché noi non dobbiamo lottare contro uomini, composti di carne e di sangue e
per conseguenza deboli, ma contro spiriti molto potenti, cioè contro i
principati e le potestà dell’inferno, contro i demoni, dominatori del mondo ».
(Efesini, VI, 11-12).
La nostra azione sia dunque diretta a combattere tutto ciò che è male, quindi
prima di tutto in noi.
La Grazia, come tante volte abbiamo affermato, è la base e la condizione della
nostra vita spirituale e della nostra spirituale efficienza.
Senza la Grazia, noi ammalati, saremmo realmente inutili a noi ed alla società.
Ma in proporzione dell’aumento della Grazia in noi, più forte e più efficiente
sarà la nostra azione sia per noi che per gli altri.
Può essere che talvolta la stessa malattia sia causa di tentazioni; non importa,
la prova non e mai al di sopra delle nostre forze.
Con un piano ben ordinato, in cui tutto ciò che è naturale si pone a
disposizione del soprannaturale, noi potremo sempre far trionfare la Grazia, il
regno di Dio, nelle nostre anime.
Dobbiamo essere delle persone d’azione per noi stessi, prima di tutto.
A che vale conquistare anche tutto il mondo se poi si perde la propria anima?
Il tesoro che noi portiamo è preziosissimo. Salvare l’anima vuol dire salvare la
vita, e ciò non per un periodo più o meno lungo come qui in terra, ma per
l’eternità.
Se impostiamo la nostra vita in questa forma, gli ambienti di dolore, con la
divina Grazia, diventano fucine di santità, cantieri di apostolato, riserve di
energie spirituali, luoghi di santificazione, ove il Cristo vivente nei fratelli
che soffrono continuamente si immola nella persona degli ammalati per la
salvezza del mondo, per bilanciare ai tanti peccati che si commettono.
Purtroppo però il male non è soltanto in noi, ma anche attorno a noi.
Sovente i luoghi di cura invece di essere delle oasi in cui si ritemprano le
forze del corpo e dello spirito sono dei luoghi in cui il peccato trionfa, la
fede e l’onestà vengono derisi al punto di fortemente scuotere le persone che
sono costrette a soggiornare in tali ambienti.
Sovente in simili dolorose circostanze viene da domandarci, ma chi sono gli
illusi, noi o loro?
Eppure la nostra fede è una realtà inconcussa. Gesù è realmente l’Uomo-Dio, che
è morto per ridarci la vita, e che è risorto perché padrone della vita.
Sulla base che la fede è una grande realtà, ne consegue allora che gli illusi
sono tutti coloro che, non comprendendo il valore sociale del dolore, vivono i
giorni della loro sofferenza preoccupati di avere in intensità tutte le gioie
che la vita può loro procurare, dimentichi che al termine della vita terrena
incomincia un’altra vita, ove non ci sarà più alcun dolore, nessuna
preoccupazione, dove non ci saranno più né le tentazioni, né la morte.
Dinanzi a queste realtà, il sofferente non può restare inoperoso e con le mani
in mano, mentre il nemico nostro semina là rovina.
Il demonio ha i suoi piani ai danni nostri. Egli sa quali luoghi prendere di
mira e con astuzia spia tutte le occasioni per intromettersi e portare lo
scompiglio prima, l’agitazione e la rovina poi.
Nessuna meraviglia che il demonio cerchi di seminare tanti scandali e di
insinuare tanta disperazione e cortezza di vedute nei luoghi ove gli ammalati si
raccolgono, negli ospedali, nelle case di cura e in modo particolare, nei
sanatori.
Non sono gli ammalati i continuatori della passione di Gesù? Rovinare
spiritualmente gli ammalati, vuoI dire, per conseguenza, impedire il
completamento, per quanto tocca a noi, della passione di Gesù nei giorni nostri.
Vuol dire non avere ‘l’equilibrio del bilancia tra i peccati e l’espiazione
necessaria.
In ultima conseguenza, vuoI dire porre l’umanità dinanzi alle proprie
responsabilità di male senza alcun bilancia per il male commesso.
Il demonio ha tutto l’interesse di impedirci di sfruttare il dolore, egli lavora
spinto dall’odio e dal desiderio di avere presso di sé nel fuoco eterno anche
tutti noi, da Dio creati invece per la gioia e la gloria.
L’odio contro Dio e contro quelli che sono, o che dovrebbero essere i suoi
figlioli, è tale da non lasciargli requie, al punto di essere « come un leone
ruggente che continuamente gira attorno cercando chi divorare » (1a San Pietro
V, 8).
E noi, chiamati alla santificazione e a continuare la passione di Nostro Signore
resteremo con le mani in mano, dinanzi all’azione funesta del nemico delle anime
nostre?
Saranno gli schemi e gli sguardi di compatimento di coloro, che vogliono seguire
il demonio a fermarci nella nostra azione?
Sarà il timore di fronte alle oscenità od alla menzogna che ci disarmerà e ci
farà restare timidi mentre la nostra reazione dovrebbe essere invece piena,
ferma, calma e decisa?
Il demonio specula anche sulla nostra vigliaccheria. La nostra codardia serve ai
suoi piani, perché, in disturbata, continua a seminare tutto ciò che è male,
dalla sensualità, all’ingiustizia ed all’odio.
Ma la colpa in simili casi è anche nostra.
Dobbiamo resistere a tutto ciò che è male, non soltanto in noi, ma anche attorno
a noi.
Mentre dal più profondo del cuore eleviamo la nostra preghiera per tutti i
ciechi — coloro che pur avendo gli occhi non vedono e camminano nelle tenebre
—nell’azione esterna dobbiamo con vera fermezza combattere tutto ciò che è
empio, tutto ciò che è impuro, tutto ciò che allontana da Gesù, via verità e
vita.
Non ci sono scuse che tengono, non ci sono « ma » che contano.
O siamo dei cristiani fino in fondo, o siamo dei « servi pigri ».
Non imprechiamo alla nostra malattia ed alla nostra inazione, quando abbiamo
tanta possibilità di costruire attorno a noi.
« Voi non siete inutili, diletti figli e figlie », ci ha detto il Papa
nell’incontro che ebbe con noi. « Col vostro dolore soprannaturale offerto voi
potete conserva-
re tante innocenze, richiamare sul retto cammino tanti traviati, illuminare
tanti dubbiosi, ridare serenità a tanti angosciati ».
La vocazione della sofferenza è una grande e terribile vocazione, da noi,
ammalati, dipende, in gran parte, la salvezza del mondo.
« I Sacerdoti si stupiranno talvolta di non rimanere nei travagli dei loro ardui
ministeri con le mani vuote in cielo vedranno a chi si doveva la imprevista
efficacia delle loro parole ». (Discorso del Santo Padre ai « Volontari della
Sofferenza »~.
Cari amici, facciamo il nostro dovere se vogliamo che giustizia sia applicata
verso di noi.
Non siamo degli scioperanti dinanzi a questa umanità che ha bisogno di luce e ha
sete d’amore.
Facciamo il nostro dovere fino in fondo, con gioia, con eroismo se necessario.
E’ questo il tempo dell’azione.
Viventi in Dio, per ‘la nostra maggior santificazione, combattiamo il male
ovunque si trovi, senza tregua, senza quartiere. Soltanto i violenti rapiranno
il Cielo e non quelli che si accontentano di dire, Signore Signore, e non fanno
la volontà di Dio.
L.N. (Continua)
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