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Venerabile Mons. Luigi Novarese - Scritti editi:
L’Ancora: n. 3 - marzo 1956 - pag. n. 8-11

CONSAPEVOLEZZA

Perché ogni sofferente non si senta un essere inutile, posto ai margini della vita, e sappia inoltre sfruttare la sua particolare posizione di infer-mo, è necessario che sia profondamente consapevole delle grandi possibilità costruttive che egli possiede anche se malato. Sua Santità, felicemente regnante, nel Suo discorso agli specialisti in ginecologia ci ricorda che il dolore non ha funzione negativa, ma positiva, capace quindi di costruire, evidentemente non per un piano terreno, bensì soprannaturale. La consapevolezza delle possibilità costruttive del dolore sfuggono a prima vista, perché il più delle volte, si considera il male come un intralcio allo svolgimento ordinario della vita; da qui hanno origine i lamenti, le proteste, le ribellioni di fronte al dolore. Non si tiene presente che noi siamo un composto d’anima e di corpo, e che, mediante la Redenzione, possiamo essere efficienti anche in un piano soprannaturale. Se la conoscenza di questo concetto basilare s’impone a tutti i fedeli, in modo particolare deve essere famigliare ai “Volontari della Sofferenza », dal momento che essi « volontariamente » si sono posti a disposizione di Maria Santissima per la salvezza del mondo.
Non è sufficiente avere dato l’adesione al Centro per dire che si partecipa alla sua vita dinamica e costruttiva. Se per l’ammalato l’isolamento e la inazione sono più pesanti della stessa malattia, l’ingresso tra i Volontari della Sofferenza deve segnare l’inizio consapevole di una vita di vera attività.
Attività essenzialmente spirituale tanto se noi ci poniamo in stato di essere solidali; esiste la solidarietà in un piano materiale, ed esiste pure la solidarietà in un piano spirituale.
Si è solidali nel bene soltanto se si è in Grazia, ossia senza peccati. Costituendo tutti noi un corpo solo, di cui Cristo è il Capo, ne consegue che la perfetta vitalità di un membro va a beneficio di tutti gli altri membri, quindi di tutto il Corpo.
Se il senso della solidarietà verso i nostri fratelli non ci spinge a vivere in grazia, è un sentimento sterile, perfettamente inutile.
Questa dottrina ha nulla di nuovo è la base della vita cristiana. A tutti incombe l’obbligo di vivere in Grazia. Non è questa una scoperta rara. Ciò che dobbiamo porre in rilievo è che noi dobbiamo fare si che questa verità, basilare per tutti i fedeli, sia vissuta, con estrema consapevolezza, da tutti i Volontari della Sofferenza e da tutti gli altri infermi.
Quanta dispersione di grazia tra i sofferenti, degenti a domicilio, negli ospedali, nei sanatori!
Il Volontario della Sofferenza è colui che docile agli inviti della Vergine Santa si propone di vivere in grazia per essere spiritualmente operante, in vista dell’attuazione delle Sue richieste rivolte a Lourdes ed a Fatima.
Ecco perché il, volontario della sofferenza deve essere un « esperto » del rientro nella vita, in quella vita vera che si vive per l’eternità. Se la vita dell’uomo durasse soltanto quanto la vita terrena guai a noi: saremmo, noi sofferenti, gli esseri più disgraziati di questo mondo.
La piena consapevolezza della nostra attività, ci è estremamente necessaria per essere all’altezza della nostra missione.
Come possiamo pretendere di essere spiritualmente operanti per la Gloria di Dio e per gli interessi della Vergine Santa se siamo dei cadaveri ambulanti, se non comprendiamo che la base insostituibile della nostra vera efficienza produttiva, nel piano sociale, è costituita da una vita di Grazia? Se siamo preoccupati soltanto della salute che non abbiamo, e non cerchiamo di utilizzare il dolore in tutta la sua ricchezza, siamo dei poveri esseri, doppiamente sofferenti, sofferenti nell’anima e nel corpo.
Per Sua misericordia, nel piano della Grazia, il dolore, da elemento meramente negativo diventa un elemento attivo di conquista.
Far opera di persuasione presso tutti i fratelli nel dolore perché vivano in Grazia vuol dire schiudere ad essi gli orizzonti vasti e costruttivi del dolore, vuoi dire reinserire questi fratelli nella vita. Ma tutto questo è tanto bello, enormemente importante per non predicarlo ai quattro venti, a tutti i sofferenti e non dirlo e ridirlo fino alla noia.
La Grazia è la condizione base di tutta la nostra operosità.
Il massimo degli scogli della sofferenza, l’inazione, scompare, non solo, essa diventa mezzo di santificazione personale e di conquista. E’ tutto questione di impostazione.
Le conseguenze scaturiscono da sé. Se continuo a lavorare, ad accumulare ricchezze, quelle vere che non lascerò con la morte, per quale motivo dovrei essere triste?
Se io so di non essere fine a me stesso, se comprendo che la vita è in funzione al fine comune ed uguale per tutti, Dio, allora devo prendere il posto, nella ricerca del mio fine che Dio mi ha assegnato.
Se ci è assegnato il posto della sofferenza non si è degli umiliati, né dei vinti.
Siamo creature che lavoriamo come tutte le altre, anzi più delle altre, dando un contributo determinante per la ricostruzione morale della società.
Perché sognare ciò che è al di fuori della Volontà di Dio?
Dio ci chiederà conto dell’uso che abbiamo fatto del dolore, tesoro immenso che dobbiamo far fruttificare.
Perché continuare a considerare ciò che non possiamo fare, trascurando invece ciò che possiamo e dobbiamo fare?
La vita del sofferente impostata in questa maniera diventa un apostolato. La perfetta consapevolezza della valorizzazione del dolore deve impegnarci ad essere degli strenui propagatori dei messaggi dell’Immacolata. E’ la Madonna che ha richiamato a valorizzare la penitenza, imposta da Dio all’umanità, lavoro e dolore.
Non vedi invece che la valorizzazione della sofferenza è così poco attuata?
Non vedi che tanti fratelli nel dolore, che vivono attorno a te, sono « veramente » dei minorati? Non minorati fisicamente, ma perché vivono solo a metà: vivono soltanto la vita del corpo.
Questi sofferenti sono veramente delle povere creature.
Parlano e si agitano magari per questioni secondarie, ma non parlano di rivendicare, prima di tutto, il posto che Dio ha dato loro, quello di contribuire con Lui a rialzare il livello della classe sociale, mediante il completamento della Sua Passione incominciata sul Calvario. Non comprendi che la mancanza dell’apporto spirituale di tanti infermi produce uno squilibrio nella società? È lo squilibrio della mancanza di tutta quella passione che ci dovrebbe essere se gli ammalati tutti comprendessero il valore costruttivo e sociale del dolore.
Fratello, consapevole del tesoro che detieni, partecipa la tua gioia a chi ti vive a fianco.
Anch’egli deve diventare un essere utile ed efficiente come te.
Non temere di affrontare il discorso di penetrazione: ti sarà riconoscente.
Il sole della Grazia deve illuminare tutte le anime, mentre il Cuore Immacolato di Maria le riunisce in un solo intendimento.
Inizia l’opera di conquista. Ogni fratello nel dolore che porterai all’Immacolata sarà una estensione del tuo apporto alla società.
Sia questa la parola d’ordine: «l’ammalato diventi strumento attivo nelle Mani della Madonna per la Gloria di Dio e la salvezza delle anime. Attivo per la sua vita in Grazia, vissuta senza tristezza e rimpianti per ciò che non può fare; attivo per l’opera di conquista che deve operare attorno a sé».

L. N.